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Come profeti, "ad gentes"

Pubblicato da enzo cilento su 8 Agosto 2013, 15:56pm

Tags: #mater et magistra

Nessuno di per se stesso e con le sue forze riesce a liberarsi dal peccato e ad elevarsi in alto; nessuno è in grado di affrancarsi dalla sua debolezza, dalla sua solitudine o dalla sua schiavitù: tutti hanno bisogno del Cristo come di un esempio, di un maestro, di un liberatore, di un salvatore, come di colui che dona la vita. Ed effettivamente nella storia umana, anche dal punto di vista temporale, il Vangelo ha sempre rappresentato un fermento di libertà e di progresso, e si presenta sempre come fermento di fraternità, di umiltà e di pace. Ben a ragione, dunque Cristo viene esaltato dai fedeli come "l'atteso delle genti e il loro Salvatore".

Ho voluto riprendere da questo punto del capitolo 8 del decreto "Ad gentes" del Concilio Vaticano II, questa riflessione assolutamente non sistematica.

Perché riconoscere nel Vangelo quel fermento di libertà e progresso, di fraternità di umiltà e di pace che fanno di Cristo "l'atteso delle genti", mi sembra che sia davvero il punto centrale della nostra fede.

E questo, al di là dell'apparenza che pur potrebbe sembrare di segno opposto, è davvero il primo atto di umiltà irrinunciabile e di realismo da cui partire: l'uomo senza questo riconoscimento del proprio limite (aspettiamo un Salvatore, ma non uno qualunque); senza liberarsi da questa deificazione ed assolutizzazione del proprio punto di vista, non trova nessuna salvezza che non sia autoreferenziale e peraltro destinata ad un inevitabile fallimento.

Solo un primo atto assolutamente religioso, di relazione, che tenga l'uomo dentro una relazione appunto con il contesto in cui è inserito biologicamente e storicamente, è capace di riconoscere senso e valore alla vita di tutti e di ciascuno.

Cristo è per noi la Parola definitiva, in merito a questa relazione; Egli rivela il senso e il relazionarsi compiuto e perfetto rispetto all'esistente, in quanto relazione perfetta (amore gratuito) rispetto a ciò che è, tutto peraltro "molto buono", tutto "con un senso", come nella volontà del Creatore.

Così come ogni atto religioso, ogni riconoscimento che avviene in tale direzione è in certo modo già un relazionarsi rispetto ad un'alterità, riconoscerla, e - misteriosamente - una preparazione all'incontro con Cristo.

Nell'Ad gentes del resto troviamo non a caso (Art. 1 cap II)

"perché essi (i cristiani, inviati ad gentes) possano dare utilmente questa testimonianza, debbono stringere rapporti di stima e di amore con questi uomini, riconoscersi come membra di quel gruppo umano in mezzo a cui vivono, e prendere parte, attraverso il complesso delle relazioni e degli affari dell'umana esistenza, alla vita culturale e sociale. Così debbono conoscere bene le tradizioni nazionali e religiose degli altri, lieti di scoprire e pronti a rispettare quei germi del Verbo che vi si trovano nascosti; debbono seguire la trasformazione profonda che si verifica in mezzo ai popoli....Come Cristo penetrò nel cuore degli uomini per portarli attraverso un contatto veramente umano alla luce divina, così i suoi discepoli, animati intimamente dallo Spirito di Cristo debbono conoscere gli uomini in mezzo ai quali vivono ed improntare le relazioni con essi ad un dialogo sincero e comprensivo, affinché questi apprendano quali ricchezze Dio nella sua munificenza ha dato ai popoli; ed insieme devono tentare di illuminare queste ricchezze alla luce del Vangelo, di liberarle e di ricondurle sotto l'autorità di Dio Salvatore.

Ora, volgersi verso questa operazione dello Spirito - sia intervenendo in situazioni di prima evangelizzazione, sia in altre che oggi diremmo di "nuova evangelizzazione" - mi sembra chiaro che costituisca il punto centrale: avviare cioè relazioni e dialogo (cultura) che siano capaci di collegare (di compiere) tutto il vissuto precedente all'incontro con Cristo, a Cristo stesso, come compimento e risposta possibile ed esauriente della umanità di ciascuno uomo e di tutte le nazioni, di ciascuna cultura.

Se cerchi la giustizia e la libertà, se cerchi un'alterità che sia tra gli uomini ed in grado di ascoltarne il grido, se la tua ricerca di sapere e di sapienza, di gioia, di piacere, di felicità è alla base dei tuoi desideri, è Gesù Cristo la risposta: Gesù Cristo può essere la risposta, la Via e la Verità, quindi la Vita nuova, la Novella Buona e Nuova che ti viene incontro sulla strada per Emmaus che l'umanità sta percorrendo, ciascuno secondo il proprio misterioso disegno e la sua propria tabella di marcia.

E' chiaro altresì che - nel rispetto della Verità e della diversità culturale, del punto del cammino cui si è giunti autonomamente e secondo le proprie tradizioni di provenienza - occorre questo avvenga attraverso un annuncio, attraverso quella missione che - e mi piace ricordarlo proprio oggi che si celebra la memoria di san Domenico, predicatore - è il mandato primario ed irrinunciabile della Chiesa che

"sotto l'influsso della Grazia e della Carità dello Spirito Santo, si fa pienamente ed attualmente presente a tutti gli uomini e popoli, per condurli con l'esempio della vita, con la predicazione, con i sacramenti e con i mezzi della grazia, alla fede, alla libertà e alla pace di Cristo, rendendo loro facile e sicura la possibilità di partecipare appieno al mistero di Cristo....

Dal momento che il mezzo principale per questa fondazione è la predicazione del Vangelo di Gesù Cristo, per il cui annunzio il Signore inviò nel mondo intero i suoi discepoli, affinché gli uomini, rinati mediante la Parola di Dio, siano con il battesimo aggregati alla Chiesa, la quale, in quanto corpo del Verbo incarnato, riceve nutrimento e vita dalla parola di Dio e dal pane eucaristico (At 2,42)

E' del resto questa l'attività missionaria, primaria, a cui è chiamata tutta la Chiesa e specie in questi ultimi tempi, fin dall'indizione del nuovo Anno della Fede e della Nuova Evangelizzazione, fino ai primi interventi dell'attuale Pontefice, perché

l'attività missionaria non è altro che la manifestazione, cioè l'epifania e la realizzazione, del piano divino nel mondo e nella storia: con essa Dio conduce chiaramente a termine la storia della salvezza (già peraltro annunciata fin nella storia dell'AT e nei Profeti).

Occorre che siamo nuovi missionari - continua il decreto - cooperatori di Dio, che devono dar vita a comunità di fedeli che, seguendo una condotta degna della vocazione alla quale sono state chiamate, siano tali da esercitare quella triplice funzione sacerdotale, profetica e regale che Dio ha loro affidata. In questo modo la comunità cristiana diventa segno della presenza divina nel mondo: nel sacrifico eucaristico infatti essa passa incessantemente al Padre in unione con il Cristo, zelantemente alimentata con la parola di Dio, rende testimonianza al Cristo e segue la via della carità, ricca com'è di spirito apostolico.

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