Che peccato questi italiani sul podio di tutti i colori e di tutte le razze! Un vero peccato che provengano da Cuba e dalla Nigeria; che non siano esattamente autoctoni e bianchi, magari slavati; e in più, con gusti ed inclinazioni d’ogni tipo, pure fluide ed incerte se vuoi. Che mostrino di saper piangere, altro che superuomo, quando lo fanno; che cantino un inno, il nostro, con accento incerto e senza nessun diploma della Crusca, per non dire di una precisa conoscenza della lingua dei Celti cispadani e dei lumbard, un vero insulto al nazionalismo ed alla coscienza identitaria. Il che dimostra che ci stiamo facendo imbastardire e colonizzare, invadere e globalizzare. Questi figli di badanti e di rifugiati; di gente arrivata senza un visto e che in qualche caso, se non ci fossero stati quei meriti sportivi, la cittadinanza italiana se la sarebbero sognata.
Questi ed altri pensieri devono attraversare le menti di quelli che fratelli o non fratelli di una qualche idea perversa di Italia, i buuu li fanno sugli spalti se tocca la palla il negro di turno; uno di quelli che andrebbero aiutati semmai a casa propria e che in mare li dovremmo lasciare, sempre; chiudere i porti e “prima noi”, poi altri tra noi, e poi gli altri semmai, ma distribuiti sul continente; e, se gli altri non lo fanno, perché dovremmo farlo noi?
Così celebriamo la domenica di quest’agosto rivoluzionario che sui podi giapponesi e sugli spalti vuoti presenta un altro popolo italico e non solo, diverso da quello che ci hanno insegnato a considerare patrio. Difficile dire come sarà possibile conciliare il giorno del Signore con sullo stomaco i pugliesi che per amore si fanno musulmani e vincono di marcia un altro oro.
Non mi sento più orgoglioso della mia nazionalità adesso, solo per queste vittorie. Se devo esserlo, ci deve essere un motivo che sia più profondo e meno occasionale.
Semmai esser contento per chi spiazza ideologie e preconcetti; per quelli che ci costringono ad aprire gli occhi su di un altro mondo, su di un’altra nazione, non quella dei proclami; e che oltrepassa e sorpassa il vento di restaurazione e di ritorno che ti soffia attorno.
Mi chiedo come sarà possibile conciliare tutto ciò con le proiezioni di voto, i giovani, la gente di borgata, quelli che per tendenza e quelli che per odio, indicano la propria intenzione a favore di quelli che sul podio, quella gente lì non l’avrebbero mai voluta vedere.
Gridano alla libertà di fronte dal vaccino e a coloro che manifestano semplicemente un altro stile di vita chiudono la porta sul muso. La chiamano libertà ed invece è solo un surrogato. Anzi, un imbroglio.