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La mia amica Edith

Pubblicato da enzo cilento su 9 Agosto 2013, 08:02am

Tags: #la storia

Dedico alla mia amica Edith due righe per dirmi ancora, contro ogni ragione, che, nonostante tutto, "il re si è invaghito della sua bellezza... (Ella) è tutta splendore, tessuto d'oro è il suo vestito", infatti.

La bellezza di Edith è una bellezza piena: quella di una donna in ricerca e che è "cercata": per questo. Da chi l'ama e da chi odia che qualcuno prenda coscienza del Suo amore e lo diffonda.

E' la sua intelligenza ed il suo cuore; pure la sua inquietudine, il suo fascino. Non è forse questa dopotutto la bellezza?

Era studiosa di filosofia, fenomenologa, amica del maestro Husserl e sua compagna di studi: ebrea.

E tutto questo non poteva non piacere a chi si innamorò di lei. Tanto che la studiosa, spiazzando tutti, all'apice della notorietà, non seppe più cosa farsene di questa; e cominciò a cercarlo, il Sovrano che le parlava: laddove era eternamente presente, nella memoria, nella preghiera, tra le sorelle che lo attendevano tutta notte e tutti i turni e le vigilie: tra le Benedettine; poi nel Carmelo; dove l'Amato le avrebbe chiesto poi di ricominciare a studiare la sua vecchia filosofia, di condurla fino alle porte della Verità, non filosofica; di farne partecipi coloro che condividevano con lei quel chiostro e quelle mura: inaspettatamente.

Non era nei suoi progetti e forse non era neppure questo che voleva. Voleva seguirlo. questo sì - mi risulta.

Io stesso l'ho incontrata, Edith, anni fa, e ne ho letto: invaghendomene.

Perché non ci si può non innamorare di chi fa innamorare il Signore Dio dell'Universo che le aveva promesso "ti farò mia sposa nella fedeltà e tu conoscerai il Signore".

Così che cominciò l'attesa che Lui tornasse ancora, come aveva promesso ai nostri Padri, ad Abramo, ricordandosi della sua santa alleanza, del giuramento fatto di concederci liberati dalle mani dei nemici.

Poco importa che quel nemico parlasse la lingua dei nazisti, mentre lei lo attendeva, una volta ad Auschwitz, strappata dalla dolce chiostra, e che si accingesse a compiere il suo cammino di dolore per essere soffocata, col suo popolo, nel gas.

Tanto che - ricordandola davanti all'altare - uno rivede tutta la fila infinita di quella stirpe condotta al macello sessant'anni fa, nella civile Europa: né processione fu mai più mesta.

I bambini avevano lo stesso sangue di Nostro Signore e della sua povera gente, di sua madre; parlavano la stessa lingua. Edith e la sorella erano della stessa tribù; le loro preghiere erano quelle ereditate dai fratelli e dai cugini del Messia che avrebbe trionfato sulla Croce, Re dei Giudei, messo al macello dal primo dei Kaser, dei Cesare, degli Zar: quel Romano Impero dietro il quale è sempre l'ostinata volontà di sostituirsi a Dio, di decidere dei Figli di Lui, la vita e la morte.

C'è da chinare il capo, anche stamattina, pensando ad Edith e ai suoi compagni.

Nella stessa ora c'erano forse ovunque, nel mondo pur toccato dall'avvento di Cristo, candele accese in chiesa, donne oranti, sacerdoti che officiavano, suore e frati che pregavano, mentre la processione al gas, mesta, portava il popolo mio al patibolo: "Ascolta, Israele", cantando la sua condanna e la sua solitudine.

Edith, amica nostra, perché "il re si è invaghito della tua bellezza: a lui condotta in broccati preziosi..."

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