Confesso che mentre stamane correvo, come mio solito, in campagna, in un silenzio dolcissimo e ancestrale, un silenzio armonico, pur essendo in apparenza senza suono (neppure le mie scarpe, sullo sterrato, ne produceva alcuno, mentre il respiro era silente e non affannato, neppure trattenuto, solo "naturale"); d'un tratto è come se avessi riscoperto almeno per un attimo un buon motivo, grande, per cui render lode al Signore: quel profilo di montagne e colline all'orizzonte, che quasi puoi disegnare, con la punta delle dita, dietro alle quali è prima albeggiare e poi aurora, rossa: senza stormi neri e neppure esuli pensieri; ma solo linea di confine che non al Nulla va, ma all'Universo Eterno: Dio che si nasconde dietro la coltre; e che la stende come un mantello dietro il quale parla, minutamente, in sillabe eterne e ripetute, senza fine.
Mi sono scoperto grato per essere ancora qui, a gioire, a contemplare (non c'è contemplazione che non sia un discorso) e m'è ritornato alla memoria quel salmo che recita "Voglio cantare, a te voglio inneggiare; svegliati mio cuore, svegliatevi arpa e cetra, voglio svegliare l'aurora...perché la tua bontà è grande fino ai cieli, e la tua fedeltà fino alle nubi". Laddove io, invece, quell'aurora non voglio svegliarla punto: le sussurrerò semmai all'orecchio, e forse neppure quello: perché l'arpa e la cetra sono già dentro lo sguardo; nessuna musica più bella del resto di quella di uno sguardo innamorato.
E' questa la canzone nostra più bella, di fronte a quella fedeltà grande fino alle nubi.
Perché le nubi, nei cieli, ci sono.
E' quello per cui il cor quasi non si spaura - come dice il poeta: di fronte al sublime; sotto la cui cortina, è quella voce che nasconde e rivela Dio, velo e tenda che si levano e occultano e disvelano, di continuo e alternandosi, il mistero.
Così che mi è tornato in mente quei versi di Pascoli, "La vertigine" che fanno:
...l'essere, tutto l'essere in quel mare/ d'astri, in quel cupo vortice di mondi/...precipitare languido sgomento,/ nullo, senza più peso e senza senso/...di là da ciò che vedo e ciò che penso,/ non trovar mai fondo, non trovar mai posa,/ da spazio immenso ad altro spazio immenso;/ forse giù giù, via via sperar, che cosa?/ La sosta, il fine, il termine ultimo, io,/ io te, di nebulosa in nebulosa,/ di cielo in cielo, invano e sempre, Dio!"
Di nebulosa in nebulosa; di nube in nube: Dio, fedele domanda per sempre.