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Le mille vite possibili

Pubblicato da Enzo Cilento su 27 Ottobre 2015, 09:53am

Tags: #mater et magistra

Le mille vite possibili

Più che la semplice esegesi a cui pure spesso mi abbandono incautamente anche su questo spazio, trovo che la gente oggi (e forse sempre), noi, chiediamo la sua traduzione in storie di vita vissuta.

“Raccontami semmai come si è tradotta concretamente questa intuizione, questo incontro, nella vita di questa o quell’altra persona” – sembra la richiesta che sottende questo bisogno di testimonianza.

E forse è solo questo quello che vogliamo sentirci raccontare e che può davvero dare vita alla speranza: il romanzo realistico di un’altra esistenza.

Le lezioni non bastano, insomma, come spesso si dice. Più che convincere e spiegare è bello vedere fin dove si possa osare; veder vivere e coinvolgere; entusiasmante è raccontare, così come sentirselo raccontare.

La cosa, che spiega in sé oltretutto il perenne successo delle biografie (un po’ meno delle autobiografie); rivela perché a tanti, parlino e piacciano le vite dei nostri piccoli grandi eroi, santi e simboli d’ogni tipo essi siano.

“Qualcuno lo ha fatto, dunque!” E solo in questo modo si può pensare che quel cammino sia percorribile, non solo un’utopia, un nostro impazzimento giovanile o invece – più patetico e senile.

E così ci si abitua all’idea di osare; talvolta di imitare. O di fare l’inedito, il mai vissuto.

Per me è stato così, ecco, se penso ai racconti relativi ai grandi ricercatori dello spirito (per me, sempre una goduria); ai monaci di un tempo, a quelli d’oggi inoltre; a quelli che popolano lo spazio e il silenzio, che dissodarono mezza Europa e aree tutt’altro che salubri, in epoca medievale; se penso ai fondatori di Citeaux e di Cluny, per dire; alle intuizioni di tanti, ex mercanti e soldati, condottieri e banchieri; ricchi e benestanti; letterati e uomini di cultura, gente semplicissima e contadina: quelli che si inventano angeli nei lazzaretti, negli ospedali, tra gli ammalati; quelli che scelgono di insegnare; di ritirarsi in solitudine fuori città, in periferia.

Di esempi ce ne sono a migliaia. Tutti affascinanti. Di là si parte: poco da dire.

Davvero insomma lo Spirito e la Creatività, anche umana, sono inesauribili. Così che ogni volta ci si innamora un po’ di questi e di quello. Sono l’album e il calendario di un’altra vita possibile e bella – dico – e sono infiniti, com’è infinita la gamma dell’esistenza.

Com’è spesso il racconto e la letteratura che di queste possibili letture dell’esistenza, nel bene e nel male, può raccontare tutto ed ogni cosa. E’ per questo che è bello – rifletto per inciso - che vi sia una letteratura non bigotta ma pure di matrice cristiana, cioè massimamente umana, che racconti la bellezza di queste vite, senza edulcorare, certo, e senza illudere nessuno; perché certo non basta aderire, per veder la vita in rosa.

Gli incerti del percorso li conosciamo tutti, sotto qualsiasi bandiera.

Ma la speranza rende significativa ogni cosa e la meraviglia che emana da certe figure sta proprio nel modo di affrontare tutto in altro modo; e di vivere un grande ideale di letizia che non è mai superficiale.

Questo credo sia il compito principale e questo il piacere intendo che uno di noi non deve dimenticare: piuttosto che “pontificare”, massimi sistemi, insegnare ex cathaedra e sottilizzare.

Certo è che senza la Parola bella non c’è incontro e comunicazione; così come senza una storia le Parole restano solo suoni intraducibili concetti ibridi per la nostra umana avventura.

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