Sentire di essere edificati, poggiati sul fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra angolare lo stesso Cristo gesù - come scrive Paolo agli Efesini, sarebbe sufficiente a noi tutti per dare gioia e anche un pizzico di orgoglio, un gran senso di dignità, come un'investitura. Ricordo le investiture medievali per questo: ve n'è ancora memoria e traccia nelle consacrazioni e nelle promesse proncunciate davanti all'autorità della Chiesa, ad esempio, e davanti all'assemblea; e mi appare chiaro d'un tratto il senso di questo connubio che pure a volte può sembrare azzardato.
Come un cavaliere, come una pietra d'una costruzione su cui posare le fondamenta, così allo stesso modo, diventiamo parte di una edificazione, della costruzione, di un posto bello e di un tempio e di una reggia di cui entriamo come un tassello a sostegno.
Mi torna in mente ora - assai prosaico invero - ciò che fanno alcune società sportive con i propri sostenitori: ne scrivono i migliaia di nomi sulle casacche dei giocatori o sulle mura del loro stadio. Siamo tutti così la squadra e la costruzione, a futura memoria.
E ci si sente di scendere in campo, come un cavaliere, come un giocatore, con l'orgoglio compiaciuto della casacca che sente l'atleta.