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Notturno (sine gaudio)

Pubblicato da enzo cilento su 14 Settembre 2013, 18:53pm

Tags: #mater et magistra

Per questo sentono il peso dell'inquietudine, sentendosi tra la speranza e l'angoscia, mentre si interrogano sull'attuale andamento del mondo. Questo sfida l'uomo, anzi lo costringe a darsi una risposta - introduce la Gaudium et spes la sua analisi inevitabilmente datata, eppure ad un tempo "senza tempo", sulla condizione umana.

Ma è passata una vita da quel nuovo annuncio di mezzo secolo fa e con esso, tra le pagine dell'introduzione al documento conciliare, vedi scorrere tutta l'attesa e forse insieme il tramonto di un'attesa generazionale che non si può fare a meno di avvertire e di cui anche di recente ha cercato di rendere conto letteratura e cinema.

Era "la meglio gioventù" viene facile pensare attenendoci alla lettura romanzesca del nostro cinema (M. T Giordana).

E quella gioventù è poi passata attraverso contestazione e utopia, terrorismo e anni di piombo, disimpegno ed edonismo: fino a terminare sul lettino dell'analista, se non dietro le sbarre di una prigione; non pochi dentro l'universo di un oblio da conquistare ad ogni costo: fosse pure quello farmacologico.

Ma l'inquietudine è rimasta.

E con essa, il sentirsi costretti a darsi una risposta.

Vorremmo che lo stesso fosse per i ragazzi di oggi, figli di un'inquietudine spiazzante peraltro ma privati di qualsiasi sogno da coltivare, per lo più: nessun sogno generazionale che non sia il benessere.

E a loro forse certe domande non sono consentite: troppe cose sono accadute, troppo rumore e troppi beni deperibili sono corsi nelle mani di questa ultima generazione per potere dare un volto all'inquietudine.

E' questa la sensazione.

Margherita era laureata in archeologia e, dopo aver vissuto gli anni dell'Università a Firenze, tornò ad abitare la casa dei nonni, in provincia. Scelte di vita persino alternative, antagoniste.

Scriveva, leggeva: anche a lume di candela. Era un'anima in ricerca. Si ammalò e scomparve ancora giovane. La sua storia mi inquieta, come i suoi occhi che rivedo spesso la notte e persino il neo sulle labbra. Leggeva Dino Campana e i Canti Orfici.

Altri amici scorrazzavano in attesa di un tempo migliore - eccoli in sequenza - inseguendo mi piace pensare - un senso da dare alla propria ricerca: qualcuno volò a Roma e si lasciò persino sfiorare dal braccio armato dei movimentismo. Molti dormono sulla collina. E camminavano animatamente; talora persino solitari e muti.

Come dormono quei 45 giri e i vecchi dischi che cantavano una domanda a cui rispondere.

Quasi mai i ricordi e il loro flusso può essere disciplinato e descritto, raccontato; ma mi capitava spesso, alle Fiere del Vinile che a Roma talora frequentavo anni addietro, che una copertina mi spalancasse un concentrato di ricordi struggenti, pieno di domani. Poi domani vanno via.

La copertina rosa di "Canzoni" di De Andrè; la donna ottocentesca di Rimmel (De Gregori).

Eravamo bambini e giovani adolescenti allora: alcune di queste cose le ho incontrate che erano già datate come le copertine dei Pink Floyd, ma quell'inquietudine c'era, spessa come una cortina. Si andava a dormire progettando un certo tipo di Rivoluzione.

E' difficile dire che cosa muovesse quella generazione che non è stata propriamente la mia generazione, "My generation" per citare un vecchio disco degli Who.

Ecco, la Chiesa crede che Cristo, per tutti morto e risorto, dà sempre all'uomo, mediante il suo Spirito, luce e forza per rispondere alla sua altissima vocazione; né è dato in terra un altro nome agli uomini; mediante il quale possono essere salvati.

Essa crede anche di trovare nel suo Signore e Maestro, il centro e il fine di tutta la storia umana.

Inoltre, la Chiesa afferma che al di là di tutto ciò che muta stanno realtà immutabili; esse trovano il loro fondamento ultimo in Cristo, che è sempre lo stesso: ieri, oggi e nei secoli.

Così nella luce di Cristo, immagine del Dio invisibile, primogenito di tutte le creature, il Concilio intende rivolgersi a tutti per illustrare il mistero dell'uomo e per cooperare nella ricerca di una soluzione ai principali problemi del nostro tempo. - conclude l'introduzione della Gaudium et Spes.

Perché, da queste premesse, il naufragio di una e più generazioni a seguire?

Perché la Chiesa di Cristo li ha perduti per strada? Perché non ha saputo farsi guida e maestra di questa inquietudine?

Eccoli tutti i perché che ci portiamo dentro noi che abbiamo assaporato il genio del nostro cinema, della nostra musica, del nostro teatro, del nostro tempo, della nostra musica, del mondo tutto della creatività e dell'arte.

Non ho risposte di fronte alla mancata intercettazione di queste domande.

Non abbiamo avuto maestri efficaci forse e questa ricerca non è stata accolta, temo, se non dietro un atteggiamento di maniera, senza mai rispondere.

A questa gente, grande, è stato dato - mi chiedo - di incontrarlo Cristo? O forse lo hanno incontrato e conosciuto già nella loro inquieta ricerca e nella loro esistenza sbandata... Quegli uomini, assetati di giustizia, erano uomini predisposti ad incontrarlo, ad accoglierlo, più del nostro tempo. E mi angoscia questa domanda che non torva risposta: "perché?".

Sono pensieri notturni forse, e pieni di malinconia, di fronte alla sorte dell'uomo, per la quale non si può non provare una santa tristezza.

Il genio di Nureyev e di Haring, di Basquiat, di tutti quelli citati in precedenza e tante vite buttate via, e morti all'apparenza inutili.

Lo diceva molto prima di me, Paolo VI, "dove abbiamo sbagliato?" E cercava di chiedere perdono a Dio inginocchiandoglisi davanti con la testa tra le mani.

Se solo avessero incontrato Cristo, al fondo della loro disperazione...

E noi dov'eravamo?

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