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Vocazione al rinnovamento

Pubblicato da enzo cilento su 29 Agosto 2013, 14:48pm

Tags: #mater et magistra

Ogni rinnovamento della Chiesa consiste essenzialmente in una fedeltà più grande alla sua vocazione; esso è senza dubbio la ragione del movimento verso l'Unità. (Unitatis Redintegratio, II,6)

Sono rimasto stupefatto per questa intuizione contenuta nel decreto conciliare sull'ecumenismo, perché - è vero ed indiscutibile - nessun rinnovamento è credibile, nessuno che possa lecitamente tendere all'Unità e che possa aspirarvi legittimamente, se questo non comporta una riscoperta della vocazione della Chiesa, della sua radicalità evangelica.

E' solo tornando ad essa, non tralignando, non tradendo questa eredità, che è possibile rinnovare, secondo natura, la Chiesa stessa e ricondurla a ciò che Cristo stesso ha inteso lasciare agli uomini.

Così come allo stesso modo, tutto ciò che allontana da questo movimento non può che attentare all'unità e volgere, di contro, verso la divisione e l'arbitrio. E' Cristo, il suo testamento nuovo, il deposito della fede da lui consegnato agli apostoli ed all'umanità che può ricondurre all'unità del suo Corpo, che è appunto la Chiesa, una e santa, cattolica, cioè universale ed apostolica.

Lo ribadisce del resto lo stesso Paolo (Ef 4,1-3), "Vi scongiuro dunque io, che sono incatenato nel Signore, di camminare in modo degno della vocazione a cui siete stati chiamati, con ogni umiltà e dolcezza, con longanimità, sopportandovi l'un l'altro con amore, attenti a conservare l'unità dello spirito mediante il vincolo della pace."; incatenati dunque nel Signore e decisamente degni di questa vocazione: ecco di nuovo le parole guida per qualsiasi cammino ecumenico che corrisponda ad un cammino intrapreso verso la verità, quindi nel segno dell'umiltà e della longanimità.

Bisogna creare le circostanze speciali e straordinarie, in un cammino peraltro ordinario di ascolto - prosegue il decreto - tra fratelli separati per la "communicatio in sacris", per pregare assieme, certo, a tal fine: in nome ed in vista di questa unità.

Bisogna conoscere l'animo dei fratelli separati. A questo scopo è necessario lo studio, e bisogna condurlo con lealtà e benevolenza. I cattolici debitamente preparati devono acquistare una migliore conoscenza della dottrina e della storia, della vita spirituale e liturgica, della psicologia religiosa e della cultura propria dei fratelli.

Al fine di approdare ad una formazione "maturamente" ecumenica - si prosegue - esprimendo chiaramente tutta intera la dottrina della fede (Niente è più alieno dall'ecumenismo che quel falso irenismo, che altera la purezza della dottrina cattolica e ne oscura il senso genuino e preciso); agevolando il dialogo tra i teologi; attivare la cooperazione auspicabile con i fratelli separati.

Bisogna in definitiva che "i cattolici con gioia riconoscano e stimino i valori veramente cristiani, promananti dal comune patrimonio, che si trovano presso i fratelli da noi separati. Riconoscere le ricchezze di Cristo e le opere virtuose nella vita degli altri, i quali rendono testimonianza a Cristo, talora sino all'effusione del sangue, è cosa giusta e salutare: perché Dio è sempre mirabile e deve essere ammirato nelle sue opere".

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