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I Padri della Carità

Pubblicato da enzo cilento su 10 Settembre 2013, 14:26pm

Tags: #I PADRI

Si apre giovedì 12, a Torino, la 47° Giornata Sociale dei Cattolici Italiani.

Si tratta di una buona occasione, oltretutto, per riflettere anche su "quelli che fecero l'impresa" di farle le nostre città e il nostro Paese, in un momento di grande trasformazione, 150 e più anni fa: sui Padri del nostro Paese; nonché di soffermarsi sul concetto stesso di santità, in chiave per così dire "moderna", pur partendo dal presupposto che le vie alla santità sono sempre infinite e che il concetto di modernità è quanto mai relativo.

C'è un dato di fatto inoppugnabile però, anche nel patrimonio genetico della Chiesa, e questo è quello del servizio (la Chiesa nasce con questa vocazione); e che non ultimo si traduce in un adoperarsi a fianco di emarginati, derelitti, degli ultimi: anche degli ultimi arrivati, stranieri, operai emigrati.

Non ritorno sugli scenari dei disagi connessi all'industrializzazione, prima e seconda che sia; dove signori della penna e del cinematografo hanno fornito narrazioni impareggiabili: da Dickens a Zola, fino a Chaplin e a Sergio Leone, tutti bene o male alle prese con la descrizione di un mondo in mutamento, melting pot ante litteram.

Resta il fatto che in Italia, in nessuna città come Torino, negli ultimi due secoli, questo concetto di paternità e di santità si è coniugato, giocoforza, in modo tanto esplicito con quello di "chiamata" esplicita a farsi carico e supporto a queste categorie (altro è il caso della Roma miraggio- Capitale di cui fu cantore tragico Pierpaolo Pasolini).

E' a Torino comunque e soprattutto che, alla luce della vocazione industriale del capoluogo piemontese, ha avuto modo di affinarsi - per così dire - quella vocazione "sociale" alla santità, questa sì, moderna, della Chiesa.

Basti pensare tutta insieme e negli stessi anni all'opera di don Bosco, di Cottolengo, Cafasso, Murialdo, tutti proclamati santi della carità; e quella dello stesso segno dei beati Allamano, Pier Giorgio Frassati, Faà di Bruno, della Serva di Dio, Giulia Falletti di Barolo.

Tanto che l'associazione "SanTourin" ha pensato di abbinare ad essi, nell'occasione, itinerari appositi studiati per coloro che parteciperanno alla Settimana Sociale "sulle strade della santità sociale torinese".

L'associazione "SanTourin", nata in occasione delle celebrazioni dei 150 anni dell'Unità d'Italia, frutto della collaborazione tra la Pastorale della Cultura e dell'Università della Diocesi subalpina e la Regione Piemonte, "vuole condurre così, fuori dai soliti itinerari turistici, per entrare nel cuore della città simbolo del lavoro operaio e dell'impegno sociale che da sempre caratterizza la Chiesa di Torino, oggi come nell'Ottocento, in un tempo di crisi industriale che accentua povertà e disagio giovanile" - spiega don Ermis Segatti, docente alla Facoltà Teologica torinese e tra i fondatori dell'associazione.

Si può essere padri e fondatori di una nuova civiltà a partire dal Vangelo: è questo il messaggio che vuol rilanciare la parabola umana di don Bosco e di Cafasso, di Cottolengo e di Murialdo, con i piedi del tutto radicati nella storia - in questo caso in quel processo di trasformazione sociale e culturale che fu il fenomeno della trasformazione industriale e post-unitaria, in quel mescolarsi di culture, di tradizioni, di disagi e di sradicamenti che sono testimoniati in una città in cui l'operaismo è il dato nuovo e costitutivo di un nuovo modello di sviluppo e di convivenza.

La santità passa attraverso il farsi carico "leggero e soave" di questa necessità evidente di integrazione e di trasformazione, di risposta ai bisogni primari di chi è costretto a radicali cambiamenti di vita (anche da ruralità a urbanizzazione, a meccanizzazione e ripetitività del gesto lavoro in chiave catena di montaggio; fino alla turnazione dello stesso ed alla rottura dei vecchi equilibri socio-familiari che inevitabilmente si abbandonavano con le nuove esigenze del lavoro in fabbrica).

Torino divenne una città nuova in cui spesso la sussidiarietà della santità fu fondamentale per far fronte a quella umanità multiculturale, allo stesso modo in cui oggi molte delle nostre vecchie città industriali si trovano di fronte alla sfida dell'integrazione di culture e tradizioni popolari diverse: sebbene oggi ciò avvenga su di un piano ancora più traumatico: globale, e mondiale.

La chiamata alla santità per fare cittadini nuovi di una città di nuova è la stessa oggi di allora, sembra suggerire l'iniziativa di "SanTourin". Si costruiscono città nuove e Paesi nuovi, nuove convivenze e nuove povertà.

Gli uomini restano sempre da mettere in relazione, insomma, e questo avviene solo attraverso una paternità condivisa, una chiamata alla responsabilità comune che per un credente ha il nome di santità, "la santità sociale" come suggerisce don Segatti.

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