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Protomartiri ma non irripetibili

Pubblicato da enzo cilento su 26 Dicembre 2013, 09:25am

Tags: #I PADRI

E' ben strana la vita: Saulo, ai cui piedi pongono il mantello e le pietre, i boia di Stefano ("benfatto!"); diventerà a sua volta come lui, martire, cioè un testimone nel sangue.

Non solo perché il sangue chiami altro sangue - il che è peraltro vero nella prassi normale e consueta dell'homo homini lupus, cioè quella di ogni giorno - ma perché - chissà poi perché - solo nel sangue, fino in fondo, si può dare testimonianza di ciò in cui si crede e per cui si è disposti a dare la vita.

Di modo che, se Cristo dà la sua vita "umana" allo stesso modo in cui il Padre dà il suo stesso sangue, suo Figlio; nel sangue si consuma anche l'offerta di una madre, "figlio, amoroso giglio"; e tutto il creato sembra darne del suo, solo perché la creazione stessa non abbia fine e continui ad essere - oltre la precaria apparizione di sé stessi - al fine di prolungarsi in ciò che germoglia dal proprio sangue, dalla propria linfa vitale; dal proprio seme.

Tutto si genera, in definitiva, investendo su di sé: sullo stesso sacrificio di sé, cioè tramite un'offerta; allo stesso modo in cui non c'è nessuna creazione e continuità in chi tende solo a conservare sé stesso, a risparmiarsi, a salvare la propria pelle...

Costoro sono sterili.

Chi vive per sé, in fin dei conti, è come se si consegnasse alla morte, alla fine, a non lasciare segno.

Lo dicevamo anche ieri: perché anche dedicarsi corpo e anima alla propria arte è dare del proprio sangue e garantirsi la vita, donandosi; allo stesso modo in cui non darsi in nulla del tutto finisce col farci trascorrere come un sepolcro su cui si passa senza neanche più vederlo, oltre che senza riconoscerlo.

E' per questo che "chi cerca di salvare" quel proprio pezzetto di vita, finisce col perderla. Ed è per lo stesso motivo che chi invece fa il contrario, la vita la trova, eccome.

Come? Testimoniando. Quindi - etimologicamente parlando - con un martirio. Morire per delle idee, per qualcuno e per tutti, morire per restare vivi, per non essere passati invano.

Dopotutto, il protomartire Stefano, è il primo a scoprire che si può morire per questa fede nuova che vince le ipocrisie e i ritualismi trionfanti. E' "proto" (primo) ma non è irripetibile - si può dire - perché costituisce la tipologia dopo il Cristo, di chi trovi una pietra preziosa o una moneta per cui vivere e laciar tutto: al punto da combattere fino alla fine per difendere la propria "scoperta".

Non è certo una ideologia questa - si affrettano a sottolineare gli esegeti - non per questa si muore; benché a volte si possa morire anche per questa. E, in fin dei conti, ogni idea che sia rispettosa della dignità umana (di quella altrui, non solo della propria) è un buon motivo per cui vivere e spendersi.

Uomini che si sono riconosciuti dietro l'ideale dell'eguaglianza e della giustizia sociale; della fraternità e della libertà vera; uomini che si son battuti per il diritto di espressione, per quello di voto, la libertà religiosa; per l'equità; per la riforma agraria; per la riduzione degli orari di lavoro e per l'umanizzazione del lavoro degli operai e dei contadini; chiunque abbia dato sé stesso contro ogni schiavitù (sesso droga e prostituzione; ndrangheta e mafia, regimi totalitari e militari); chiunque si sia speso per fare dell'uomo il più bello tra i figli di questo mondo; questi è caro a Dio; questi ha testimoniato; è stato martire per qualcosa per cui l'umanità gli è debitrice; laddove spendersi, anziché costituire un peso, lo sarebbe stato non farlo.

Uno Stefano avrebbe provato più dolore a non darsi e quindi a non mostrare il suo amore, a risparmiarsi che a spendersi.

C'è da augurarsi che non manchino mai di questi uomini innamorati, quindi generosi, quindi capaci di metterlo in piazza un buon motivo per spenderla questa vita. Avrebbero potuto sopravvivere più a lungo in altro modo...

Appunto: sopravvivere. Ma sarebbe stato lo stesso?

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B
Effettivamente quando si dice di qualcuno &quot;......E' un martire....&quot; il sentimento principale che accompagna l'affermazione é un sentimento legato ad un filo di tristezza perché si associa sofferenza a quella persona che evidentemente rinuncia, sacrifica se stessa per &quot;l' altro&quot; cioé per dare/arricchire la vita di qualcun altro o di qualche altra situazione.<br /> Ma la storia insegna che, a cominciare da Gesù Cristo, per poi proseguire passando per tutti i tempi, dietro a quella apparente rinuncia (morte) di un uomo c'é spesso una grande Fede, un grande Amore che riempie la vita dandole un senso e che giustifica quell'impegno, quella determinazione estrema.<br /> Ce ne sono tanti di &quot;martiri&quot; non famosi in giro per il mondo che affrontano dolori, ingiustizie, morte, rinuncie, difficoltà con una rassegnazione che non sempre si deve però associare alla rinuncia definitiva alla fine di tutto; alle volte, voglio credere, c'é anche il modo per far vincere la Fede, passando per il dolore ed arrivando alla gioia con la forza della condivisione, dell'unione, della comunione.<br /> Che poi anche la lotta quotidiana di ogni uomo é un pò &quot;martirio&quot; se giorno dopo giorno si lotta per arrivare ad un &quot;Traguardo&quot; importante dando voce ai sentimenti, alla libertà, all'uguaglianza, alll'onestà: e non é poi così facile uscirne senza avere le ossa rotte, ma se il traguardo é motivo di Vita, già solo questo vale il pieno coinvolgimento. E questo non é sopravvivere é vivere per ciò che ami, per ciò in cui credi.
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