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Mani di Dio

Pubblicato da Enzo Cilento su 11 Aprile 2015, 09:44am

Tags: #un altro sport

Mani di Dio

C’è stato un tempo – ma mica un secolo fa? – in cui il basket a Caserta ha viaggiato a livelli altissimi, diciamo negli anni ’80 soprattutto, quando al Palamaggiò si esibivano fior di campioni, due brasiliani in specialmodo, Oscar Schmidt e Marcel, che in una città provinciale, storicamente schiacciata dalla ingombrante vicinanza con Napoli capoluogo, ha sempre vissuto solo di riflesso: della serie “vado a Napoli a studiare”. O “La sera sono a Napoli per divertirmi”.

Oscar in modo particolare è rimasto nell’immaginario popolare come il cecchino per eccellenza, una “mano caldissima” - come si dice da Dan Peterson in poi - specializzato nei tiri da tre punti, quelli insomma scagliati da lontano. Il Brasile ne aspetta ancora un altro di pari statura…

Siamo rimasti tutti con un palmo di naso, rivedendocelo davanti agli occhi un anno fa circa: insomma sì, un omone pacioso e certo pure appesantito, sui suoi oltre due metri, che intanto incontra commosso Bergoglio papa in Brasile, e mentre racconta della sua odissea di uomo alle prese due volte con un tumore al cervello. “Ora è tutto superato. Operato e guarito, grazie a Dio” – racconta, cantilenando come fanno i brasiliani.

In realtà le cose sono molto meno semplici di come sembrano raccontandole; perché la vita è molto più complicata e sfaccettata di una pagina di giornale; ma insomma l’Oscar del basket confida di godersi ancora la vita – grazie al Cielo – con la sua famiglia numerosa e perché la “mano di Dio” – come era chiamato – una mano dal Padreterno è convinto di averla avuta, nell’occasione.

Ben diversa è la storia della “mano di Dio” del calcio, argentina, Maradona; che questa immagine pensò bene di tirarla fuori all’indomani del suo gol irregolare segnato agli inglesi durante i Mondiali del 1986.

Lì la manina fu bislacca assai e insomma non proprio segnata dal carisma della santità. Fu semmai un mezzo miracolo al contrario, che un arbitro non l’avesse sanzionata.

Detto ciò, di mani e di piedi il Padreterno pare abbia counque bisogno per esser presente tra la gente: di mani e piedi che si sporcano di polvere e anche di fango, se è il caso; e che insomma non siano troppo schizzinosi di fronte alle difficoltà da incontrare, e ai campi da calpestare: fossero pure solo sterrato – come ricorda questo papa un po’ calciatore.

Bergoglio – com’è stranoto – possiede la tessera di abbonato del San Lorenzo, squadra argentina fondata dai Salesiani, molto cara oltretutto agli italiani d’Argentina, dove inoltre di italiani ce ne sono così tanti che persino la gloriosa Boca di Buenos Aires, fa il verso alla Boca di Genova, da cui prende il nome il quartiere e la squadra; e dove, sul fondo della maglietta è scritto infatti Xeneizes, “genovesi”, come in lingua ligure dico, all’altezza del gluteo.

Perché se sia la mano o il fondo schiena, il piede sinistro di Dio, altro nomignolo di Diego Armando, non è neppure importante: tutte queste differenze pare che il Padreterno non le faccia e che di sportivi che siano questa o quell’altra parte del corpo di Dio, son pieni i giornali, i libri, quelli di Brera, di Crespi, Soriano e compagnia, dei grandi cantori di questa epopea che sa essere lo sport, metafora della vita, generoso di piccoli e grandi campioni, persino in bici sull’Appennino – come Bartali, il vecchiaccio – a recapitare documenti contraffatti per salvare quelli perseguitati dal regime, “pedali di Dio” insomma, che vola alto fino all’altezza del Tour e delle sue salite. Amen.

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