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I pastori di Agostino

Pubblicato da enzo cilento su 19 Settembre 2013, 08:16am

Tags: #in vista

Avendo il Signore detto che cosa abbiano a cuore certi pastori, aggiunge anche quali doveri essi trascurino. I difetti delle pecore, infatti, sono largamente diffusi. Pochissime sono le pecore sane e prosperose. Sono rare cioè quelle ben salde nel cibo della verità, che usufruiscono con vantaggio dei pascoli donati da Dio. Ma quei pastori malvagi non risparmiano neppure queste. Non basta che essi trascurino le pecore malate o deboli, sbandate o smarrite. Per quanto sta in loro, uccidono anche quelle che sono forti e in buona salute. Tu forse dirai: Sì, vivono, ma per la misericordia di Dio. Tuttavia per quanto sta in loro, i pastori cattivi le uccidono. Come le uccidono? dirai. Vivendo male, dando il cattivo esempio". (Dal "Discorso sui pastori" di sant'Agostino vescovo)

Per fortuna esiste la santità - mi verrebbe da dire. Per fortuna esiste questa sorta di Provvidenza che ci viene incontro - e non da oggi e neppure per nostro merito esclusivo - per sostenerci di fronte alle domande cui non troviamo risposta.

Ci si interrogava appunto su questo, ieri; ed oggi - nell'Ufficio delle Letture, ecco il testo di Agostino!

Ho sempre saputo, invero, che le formule "come dicevamo noi" o "avevo ragione io" non sono il massimo dell'eleganza. E non lo dirò infatti.

Lascio parlare ancora lui, il vescovo di Ippona:

Una pecora, infatti, anche se sana, osservando che il suo pastore abitualmente vive male, se distoglie gli occhi dalla legge del Signore e guarda l'uomo, comincia a dire in cuor suo: Se il mio superiore vive così, chi mi vieta di fare altrettanto?

In tal modo il pastore uccide la pecora sana. Dunque se uccide la pecora sana, che farà mai delle altre pecore? Che farà questo pastore che vivendo male, fa perire la pecora, che egli non aveva reso sana, ma che anzi aveva trovato forte e vigorosa?

Dico e ripeto alla vostra carità: Vi sono pecore che vivono, sono salde nella parola del Signore e si attengono a quella norma che hanno udito da lui: " Quanto vi dicono fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere".

Tuttavia il pastore, che dinanzi al popolo si comporta male, per quanto sta in lui, uccide colui dal quale viene osservato. Non si illuda quindi perché quel tale non è morto.

Quel tale vive, ma il pastore si rende ugualmente un omicida".

Se ne parlava dunque ieri, come se ne parla quasi ogni giorno, di fronte allo spettacolo talora impietoso di un gregge senza pastori credibili, ai quali noi chiederemmo solo l'attenzione e la pietà che va riconosciuta ad ogni essere umano, caricando di contro gli uomini di pesi che costoro non conoscono non avendone mai portati.

E' questo del resto che gli uomini del nostro tempo - né solo di questo - rimproverano a chiunque abbia avuto in sorte una certa responsabilità, una paternità, una esemplarità visibile e più che simbolica, perché "a chi molto è stato dato, molto sarà richiesto"; allo stesso modo in cui da coloro a cui molto è stato condonato - anche la sofferenza - ci si attenderebbe molto di più che da chi non ha avuto nulla.

E ad ognuno di noi non resta che analizzare in che misura sappiamo essere compagnia per quelli che sono nel nostro piccolo gregge di scettici e di non credenti, di amici e di familiari, di lontani.

La loro fiducia nell'uomo che si faccia pastore e compagno di ogni faticosa salita sta nelle nostre mani e nella nostra vita.

Egoisti, egocentrici, impietosi e inflessibili, indifferenti e insensibili; siamo sovente in grado di mettere in discussione gli ultimi barlumi di fiducia di chi ci avvicina.

Magari non siamo noi ad ucciderli, ma restiamo comunque omicidi di un altro pezzo di speranza. E tanto basta.

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