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Dal monte Nebo

Pubblicato da enzo cilento su 14 Agosto 2013, 08:03am

Tags: #in vista

C'è da augurarsi che anche per noi si possa dire "Aveva cento anni quando morì. Ma gli occhi non gli si erano spenti e il vigore non gli era venuto meno", come si racconta di Mosè nel Deuteronomio.

Non vi entra Mosè in quella meravigliosa terra, quella dei sogni, quella che vede dal monte Nebo, "Galaad fino a Dan, tutto Neftali, la terra di Efraim e di Manasse, tutta la terra di Giuda fino al mare occidentale e il Negheb, il distretto della valle di Gerico, città delle palme, fino a Soar."

Non passa il fiume Giordano, ma vede con i suoi occhi che la sua attesa e il suo peregrinare non son stati vani: come un vecchio, Simeone ed Anna; come Anna e Gioacchino; come Abramo e Sara; come i grembi che parevano sterili fino alle soglie della vecchiaia ed alla fine possono dire "Nunc dimittis Domine": "ora lascia, Signore che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola..."

Perché un vecchio non chiede null'altro che di sapere che il proprio andare ha avuto un senso ed una direzione, una ragione, tanto che i suoi occhi non si sono spenti ed il vigore, quello interiore, è ancora vivo.

Bisogna chiederli quegli occhi sempre vivi e quel vigore che spinge ancora il nostro cuore, sempre, fino al termine; e bisogna desiderarlo con forza e con coraggio, benché al mondo questo faccia scandalo o specie: "guarda quel vecchio che continua a credere e a guardare il futuro: come se gli appartenesse!": senza sapere che il futuro non appartiene a nessuno, se non al disegno che sta correndo lungo il filo della storia e fin al compimento del tutto, quando lo vedremo come Egli è, il nostro Dio e nostro Signore; ed ogni lacrima e ogni goccia di sudore saranno asciugate.

Del resto, non si può non avere questa fede se si vuole continuare a vedere, come vede Tiresia ed ogni aedo, il vecchio Omero e tutti quelli il cui cuore è giovane e pieno di ideali, di quella gioventù che riempie gli occhi e l'anima di quelli che la vita sembra aver privato del senso "materiale" degli occhi (Montale ne parla per la donna sua, che vede ciò che altri non vedono, anima bella che tutto vede e spera infatti, nonostante faccia fatica a salir per le scale ed a vedere il cammino, perché poi "il camminar per l'altrui scale" sa sempre di sale e può essere amaro. Si chiede aiuto mentre se ne offre, come una lezione...).

Bisogna credere - come dice Michea - che "In quel giorno - dice il Signore - radunerò gli zoppi, raccoglierò gli sbandati e coloro che ho trattato duramente. Degli zoppi io farò un resto, degli sbandati una nazione forte. E il Signore regnerà su di loro sul monte Sion, da allora e per sempre".

E quel giorno è già oggi. Ed è questo che vedo!

C'è sempre un monte infine da cui guardare l'orizzonte e spesso quella siepe che tanta parte dello sguardo esclude, come canta il poeta. E c'è la visione che rimuove la siepe e che spalanca il confine: quella del vecchio i cui occhi non sono spenti, in cui tutto parla da quell'altura da cui ogni valle e depressione della terra acquista un senso, per arrivarci infine su quella cima e poter dire: ora ho visto, come Giobbe.

O come Mosè, e come il giusto.

E a loro Dio parla, trascorrendo ore, a disegnar parole incise sulla roccia e tra le stelle del cielo.

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