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Banconote y cartoon

Pubblicato da Enzo Cilento su 2 Settembre 2015, 08:33am

Tags: #un altro sport

Banconote y cartoon

Pensieri sciolti ma con un filo conduttore stamattina, in perfetta continuità con quelli di iersera.

Così, mentre leggevo ed ascoltavo della febbre da cui è affetta la suocera di Pietro, l’apostolo, mi è subito balenata l’idea, per associazione, di un’altra febbre, nera e atra, quella dell’oro: anche oltre Chaplin, certo, e le suggestioni del cinematografo; con tutto quello che essa è stata nella storia: forse il motore, “ciak, si gira!”. Anzi “si fa sul serio”.

Ahi, l’Eldorado di cui si va in cerca (“auri sacra fames”); per cui si vanno a dragare e a setacciare i fondali dei fiumi; per cui ci si immerge nel fango e si combattono sanguisughe Mosquitos e zanzare; per cui si affondano le viscere della terra, per trovar petrolio e metano.

Cosa non si fa per te, febbre dell’oro!

Moralismo … Oppure solo “historia” sacrosanta, più vera e sincera degli annales.

Della febbre dell’oro è malato il mondo in modo inguaribile; lo è la storia degli uomini, coi suoi arredi sfarzosi, i monumenti, le sue statue di metalli preziosi e gli occhi verdi di smeraldo e di ramarro, vitello d’oro che non parli e non ascolti e non odori.

La storia del resto è la storia dei conquistadores, no? E di mille schiavitù, quelle subite e non percepite; di quelle sofferte ed inflitte; così che la moneta vale come il pane, gli equivale e anche di più, ogni pepita e un granello assai più di un panino;

tanto che – riflettevo – se il profumo di Dio (e dello spirito), della libertà, è il profumo del pane che non ha prezzo e non è mai vil moneta (ne avvertivo come l’aroma stamani, avendone davanti a me, fragrante); quello dell’uomo, il suo odore, è quello della sua condanna a sudare fin di sulla fronte per conquistarsi quanto gli serve e molto oltre per vivere. E’ questa la maledizione alla cacciata dall’Eden perduto: “dovrai riconquistarti la fragranza e le cose essenziali con la fatica, con il sudore della fronte”.

So bene dove sto andando a parare.

Pensavo allo sport che tanto mi piace e che mi riempiva spesso le domeniche sonnacchiose: al mio calcio che in questi giorni, solo in Italia, ha speso seicento milioni di euro giusto per acquistare il cartellino di alcuni calciatori.

Pensavo che negli anni al giornale ne ho incontrai tanti di disgraziati che a carriera finita si son ritrovati con un pugno di mosche in mano, incapaci di dar senso alla propria vita una volta spenti i riflettori. Perché i riflettori si spengono, signori, quasi per tutti.

E riflettevo così su questi eroi di cartone, sui lustrini e gli orecchini, i tatuaggi e le creste che finiscono nel dimenticatoio, nelle tasche dei procuratori e degli amici che scompaiono a fine spettacolo.

La febbre dell’oro non ha guarito quasi nessuno di loro dalla tristezza di quella che Soriano avrebbe detto un Final Triste y Solitario. Qualcuno ha fatto click per metter fine alla vita diventata un malanno; qualcuno è al bar a raccontare di quando e come; qualcuno guida un taxi a Trenta y Tres al confine tra Argentina ed Uruguay.

Già! Perché i guai (e il sudore) non vengono mai da soli, poveri noi attratti dal cartone …

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