Era proprio il passo che racconta il gesto della vedova al tempio che offre gli spiccioli che ha, tutto quel che possiede; quello che si proclamò quel giorno in chiesa, a Roma, a San Leone, e che mi spinse - dopo anni - a propormi al parroco del posto "sono questo. So fare questo e quello. Posso rendermi utile? E' questo che posso offrire!".
Non fu un gran gesto, anche perchè possedevo poco e poco so fare in una parrocchia: sapevo allenare i ragazzi, magari in palestra e su un campo di calcio; sapevo scrivere, fare teatro e infine mi ricordavo un po' di italiano e latino, frutto dei mie pochi anni di insegnamento.
Andò che in breve venni assorbito nel tesoro del tempio e che di là nacque la mia vocazione: volli partire. Non me ne sono mai pentito.
Ho conosciuto il mondo e tutte le galassie della vita religiosa e consacrata. Le monete che avevo messo a disposizione avevano dato frutto.
Mi guardo spesso attorno e vedo ora tanta ora pochissima disponibilità a metterli in comune questi spiccioletti che ciascuno di noi possiede. I ragazzi del fango, i ragazzi del volontariato; quelli che vanno in ospedale; che visitano gli anziani, un ammalato, che fan la spesa per il banco alimentare.
E poi quelli che non li smuove niente e che nel tesoro del tempio ci mettono la calamitina per rubarsi qualcosa per sè.
Ci sono i santi e ci sono i furfanti. Quando Francesco (Bergoglio) li attacca non posso fare a meno di sentirmi felice. Alle vedove e agli orfani per tradizione antica non va rubato nulla. E pensare che di tutto veniamo derubati; di tanti diritti che ci spettano: dal lavoro ad una vita digitosa; al rispetto stesso per la nostra vita e per il nostro corpo.
Sono entrati nel tempio del Signore e ne han fatto scempio. Non tutti, certo.
E c'è chi dice "ecco il mio corpo e le mie forze, gli spiccioli di energia, degli anni che mi restano e della mia vita. Li metto qui, come tesoro di tutti. E questo mi fa ancora sognare: una vita migliore.