Le cose ultime. Quali saranno? Vi saranno segni inequivocabili? Chissà.
Ma forse le cose ultime non sono ultime che relativamente a noi: a ognuno il tempo suo. Quando il tempo sarà maturo anche per ciascuno di noi, persona per persona, singolarmente, forse una falce - come dice il veggente di Patmos nell'Apocalisse - viene a tagliare i grappoli per riempirne i tini.
Quando il nostro tempo, quello specifico e personale per ciascuno di noi, si sarà compiuto, non avremo un attimo in più in questa dimensione: che senso avrebbe? Sarà giunto il tempo che l'albero di fico sia tagliato; il grappolo reciso; la spiga sia falciata per diventare farina e pane e chissà cos'altro ancora.
Non credete pertanto ai profeti di sventura che vi diranno "eccolo, il tempo della fine è arrivato", indicando cataclismi e terremoti, violenze e beluinità di ritorno sulla terra, l'Anticristo; altrimenti ogni tempo di questo nostro mondo, su questo pianeta, nella storia, sarebbe sembrato sempre quello giusto per finire.
Non sono i cataclismi che pure ci saranno, anche nella vita di tutti e durante il nostro tempo tanti ne vedremo, ad indicarci che tutto ha un termine coem se fosse un Big Bang all'incontrario, sincronizzato;
mentre tutti i nostri cambiamenti, il nostro copro che si trasforma indica invece che per ciascuno di noi un tempo stabilito c'è; e che c'è un momento in cui quel che è non sarà più e non più in questa forma e in questa dimensione: tutto qui.
Non abbiate paura però - ci vien detto - perchè io sarò con voi fino alla fine del mondo, il quale certo finisce - a ciascuno nel tempo suo - e finisce certo per come appare oggi, secondo questa prospettiva.
Ho amici che attendono gli Ufo dal cielo - ne parliamo spesso - e che rileggono mille volte l'Apocalisse vedendo in essa la traccia della loro venuta, come un Nostradamus; ne ho di spaventati e di curiosi. Ne ho che guardano i segni del cielo, strane nuvole e forme; che cercano il sole che ruota all'infinito su sè stesso.
Ne ho infine che a questi segnali universali e terribili collegano la parabola stessa, conclusiva, del nostro pianeta. Non credetegli - ci vien detto - il tempo non è maturo.
E quando sarà maturo, a ciascuno di noi sembrerà di esser pronto per diventare altro e vivere altrove, in altra forma, sotto un altro sole. Non vi saranno cose ultime prima della deflagrazione e del grande silenzio. Credervi è non credere che vi sia un altro posto per noi, un Dio che ci risorge.
Ci aspetta solo una trasformazione, ciascuno nella sua stagione. E la stagione è quella giusta, sempre, quella in cui saremo raccolti come le spighe nel granaio, come un cesto di frutto, un tino da pigiare: per essere buon pane e vino, un cesto di stagione.