In fin dei conti bisogna metterlo in conto che si potrà essere scacciati dalle sinagoghe e che chiunque ucciderà, crederà di rendere culto a Dio. Gli uomini giusti - non io, certo - gli uomini che cercano giustizia, del resto, saranno anche beati - è vero - ma alla persecuzione del male non possono sottrarsi.
Il male del resto non è un concetto astratto: ha sempre un volto, ha un nome e un cognome ed è sempre una persona con una precisa identità nella storia.
Non è il "male" inteso genericamente, benché sia facilmente identificabile nell'egoista e nell'avido; perché non c'è male che non nasca dall'invidia e dall'avidità.
L'ultimo dei comandamenti di Mosè, "Non desiderare la roba d'altri" paradossalmente è come la radice di ogni altro tra i mali.
Insoddisfatti, inappagati da quella fame che non finisce, desideriamo ciò che non ci appartiene e non ci attiene, desiderando così il nostro stesso male perché in fin dei conti desiderare quanto non è adatto a noi significa poi che quella fame ci spinge a farci del male, pur di avere. Ecco perché il suo contrario è la povertà di spirito, cioè quell'atteggiamento per cui si pone un limite al proprio desiderare senza limiti. Ed è questo che dovremmo desiderare: di non desiderare senza misura.
Come la misura dell'amore è dunque amare senza misura; allo stesso modo la misura della povertà di spirito è porre forse una misura - una dimensione definita - al nostro desiderio, tanto non solo da pacificarci ma da non metterci in guerra contro di noi e contro gli altri.
Ora chi desidera il potere da cui dipende come dal respiro; chi fa collezione di cariche pubbliche e private; di consigli di amministrazione; di guadagno e di danaro; chi fa collezione di donne e uomini; di servi e chiavi; di portaborse e di lacchè; chi sgrana il rosario delle sue prime pagine sui giornali e delle sue comparsate in tv e nei talk show; chi presenzia ovunque per dire la sua e frequenta tutte le prime file di tutti i convegni e persino di tutte le chiese; costui impersona - nome e cognome - il male su questa terra.
E costoro non possono essere se non i persecutori di coloro che gli fanno d'intralcio, se non altro perché vorrebbero avere anche il loro, perché questi ultimi non rendono loro omaggio; perché osano servire un altro Dio che non siano loro.
Costoro scacciano dalle sinagoghe e sono pronti a uccidere pur di difendere il dio-sistema da cui dipende la loro vita e di cui si ritengono i sommi sacerdoti. Il loro dio se lo sono già scelto ed è un dio che fa paura, che divora gli uomini, ne tiene ancora in bocca le membra a pezzi come in un quadro di Brueghel; si tratta di una divinità con mille braccia ed occhi sgranati e insonni che mettono terrore; che continua a chiedere sangue umano e che non ammette altri dei che non siano Lui, appunto.
E' Colui che divide, che fa pezzi ogni uomo, e gli uomini tra loro - come dià-ballein del resto indica del resto bene fin dall'etimologia - ma non è solo un'entità terrifica e mostruosa: ha un volto, un nome, un numero di telefono; una mail ed abita vicino casa tua, nei palazzi della tua città e dentro tutte le stanze in cui si esercita un potere.
Desidera la roba d'altri; la divora; non solo letteralmente: si sente soddisfatto quando disperato ti rivolgi a lui per un lavoro ed un favore. E' allora che trionfa e che gongolante dice "Dov'è ora il tuo Dio?".
Io ve lo avevo detto, vi avevo avvertito - ci dice Gesù, il Maestro - ed è allora che manderò lo Spirito Consolatore, Spirito di Fortezza, perché non vi pieghiate all'inquilino che presta sì, ma soltanto a usura.