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I bimbi e la loro storia

Pubblicato da enzo cilento su 13 Agosto 2013, 09:05am

I bambini non sono più quelli di una volta - mi sento spesso ripetere con non molta fantasia da qualche amico insegnante - ed effettivamente che i bambini siano cambiati è indubbio, così come noi eravamo ben altri bambini rispetto a quelli del dopoguerra e degli anni Cinquanta. Come ogni generazione che mette al mondo ed alleva bambini assolutamente nuovi, diversi, perché diverso è il mondo che li ha generati.

Non bisogna avere nostalgia - mi dico - di quell'infanzia che inevitabilmente non esiste più, demonizzando quella che ci troviamo di fronte e che non capiamo: che ci rifiutiamo talora di capire.

Sono figli e nipoti nostri, del resto. Bambini grassocci ed obesi; bambini piagnucolosi e capricciosi; bambini che hanno tutto e che sono convinti di non avere niente, di frequente.

Allo stesso modo in cui noi siamo adulti, cullando in noi quel genere di infantilismo per cui pensiamo di non avere mai abbastanza, un po' piagnoni, lamentosi, talora diffidenti, spesso creduloni, al punto di correr dietro al primo che ci prometta un qualche paradiso. Che sia un tablet, uno smart phone, un giro del mondo in pochi giorni, tutti i paradisi del piacere, del danaro e della lussuria, il Paese di Bengodi, quello in cui non si paga nessuna tassa; in cui chiunque può diventare ricco ed imprenditore di se stesso; in cui a ciascuno, prima o poi, toccherà l'occasione che gli cambia la vita, la lotteria e cinque minuti di celebrità che, come prediceva Wahrol, del resto non si negano ormai a nessuno; e come la nostra bella tv ci ha insegnato dai ruggenti anni Ottanta a venire giù: basta una storia estrema da raccontare, un bel paio di cosce e tanta faccia tosta.

E' che noi siamo lo specchio dei nostri bambini...

Ora, quei bambini che non sono più quelli di un tempo (?), quelli che non guardano la tv dei ragazzi ma vanno liberamente su internet (e che Dio li protegga! Quasi mai noi genitori: perché siamo alle prese con la nostra infanzia che si protrae fino alle soglie della vecchiaia, e per la quale ci spetta un divertimento disimpegnato che non contempla quasi mai l'assunzione di responsabilità verso l'infanzia altrui), ci somigliano sempre di più.

Anche nella mancanza di stupore, forse.

Ogni gioco è un divertimento a termine. Poi si cambia gioco e balocchi. Le cose hanno sempre un valore a termine.

A questo proposito mi colpiva ieri uno spot televisivo, molto ben fatto, in cui, in una stanza desolata di un celebre acquario italiano, s'erge una montagna di balocchi e di pelouche dimenticati: perché, di fronte allo spettacolo delle nuove vasche dei delfini, i giochi di prima uno li dimentica e li butta via; perché - sempre per rifarmi ad un altro spot celebre di un po' di tempo fa - il lusso (anche quello di poter cambiare quando ne abbiamo voglia) è un diritto.

Che lo sia o meno, poi sarebbe da discutere a lungo.

Non è a quella la specie del "restar bambino" a cui, ovviamente, si riferisce il detto evangelico che raccomanda di rimanere tali, capaci di stupore e di domande, per sempre, per entrare nel regno dei cieli; mentre avverte che, qualunque bambino venisse disprezzato, ciò non passerebbe inosservato agli occhi di Dio.

I bambini innanzitutto - ed è questo che preme a chi va a prender poi la pecora smarrita per riportarla al sicuro - non vanno abbandonati a se stessi; non vanno guardati con sussiego e con disprezzo; non vanno fatti morir di fame, in ogni senso; vanno aiutati a crescere e vanno educati, con tutte le innovazioni, certo, delle scienze moderne dell'educazione: e non solo con quelle...

I bambini vanno accolti e vanno accolte le loro domande; vanno educati quelli che sono i loro desideri perché non diventino schiavi dei loro capricci; vanno aiutati a saper leggere scrivere, far di conto.

Gli si deve comunicare la gioia di capire e di conoscere, di leggere: anche le Scritture, certo, perché la Fede loro non resti bambina in senso limitativo e non tutto quello che possono considerare, a tutta prima, un loro bisogno, divenga poi una dipendenza alienante, senza la quale, la loro vita diventa d'un tratto una insopportabile frustrazione.

Molti desideri non si realizzano difatti, nel corso degli anni (e direi: meno male!); ma quasi nessuno di questi è tanto importante, in fin dei conti, da farci piagnucolare addosso come vicino agli scaffali del supermercato fino a che non veniamo accontentati.

Si può vivere molto meglio mettendo a fuoco ciò che è necessario, piuttosto che inseguendo tutto ciò che ci viene spacciato ed incartato come tale: irrinunciabile.

Ecco i bambini e l'infanzia che non dobbiamo abbandonare - intendo - : quella che ha il diritto di essere liberata da qualsiasi indottrinamento che la renda schiava.

I nostri bambini nascono liberi e sta a noi non lasciare che altri, più furbi di noi, li rendano schiavi: di tutto.

E' questa la terra promessa per chi difende e protegge questo esser piccoli: questo essere sempre capaci di apprendere ed essere sempre disposti a farlo.

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