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Come stelle del cielo

Pubblicato da enzo cilento su 2 Maggio 2013, 04:42am

Mentre sto scrivendo al computer, fuori sta cadendo qualche goccia di pioggia, tanto che si alza e giunge fino alla mia finestra un dolcissimo profumo di fiori e di primavera. Forse è di questo profumo che abbiamo bisogno e credo che, in certo modo, metaforicamente, Dio ci dia modo di farne esperienza: non sempre, non come un sottofondo a cui infine ci si abitua, di cui ci si sazia e a cui ci si assuefà; ma come un fatto che di tanto in tanto sale alle nostre narici e provoca immagini e risveglio, soave e promettente: come le effusioni tra chi si vuol bene. Contano infatti e incidono quelle concesse con parsimonia, preziose, come la mano sulla spalla degli amici, gli abbracci e un bacio - di quelli non meccanici - con cui ad altri diciamo che tutto il suo essere, anche le sue guance, il viso e lo sguardo, gli occhi, ci sono cari, sono una benedizione per noi.

Ogni forma di saluto in fin dei conti dovrebbe essere una forma di benedizione - a ben vedere - tanto che in passato i nostri anziani ci dicevano "Dio ti benedica" per salutarci; che i frati ci auguravano "pace e bene": perché davvero all'altro che si fa incontro non bisognerebbe dimenticare di riconoscere non solo la sua sacralità, ma più ancora il fatto che incontrarci possa essere per entrambi una fonte di benedizione; perché "altri" è sempre incontrare l'umanità, sapiente o smarrita, sgomenta o rassicurata, presenza che si fa incontro.

Tanto che proprio non riesco a sottrarmi alla tentazione di adottare l'antifona usata oggi per i dottori della Chiesa, "I saggi splenderanno come il firmamento; i maestri di sapienza saranno come stelle del cielo", giacché è un'infinita sapienza quella che ci procura di incontrare altri e che dissemina stelle del cielo nel nostro firmamento, cioè nella nostra esistenza.

Che tu sia una stella del cielo per chiunque ti incontri: ecco, forse è questo l'augurio, la benedizione da fare a chiunque; così com'è dolce pensare che talora noi stessi possiamo essere quella stella che altri incontra sul proprio cammino.

Detto questo, ogni incontro è anche il metro della nostra capacità di benedire: perché non sempre essere altro è del tutto riducibile a noi, armonizzabile con le nostre esigenze del momento, col nostro stato d'animo, con la nostra sensibilità. Ci viene chiesto in ultimo di accogliere come benedizione - e non è sempre semplice - anche quanto mette alla prova la nostra capacità di farlo, perché c'è una grande letizia - e questo è fuor di dubbio - nello scoprirsi in grado di imparare sempre, di accogliere e di avvertire il profumo di quel che pure costa sacrificio: il pane quotidiano, la capacità anche di "soffrire" per l'obiettivo di essere, nonostante tutto, sensibili aperti ad ogni profumo: in sintesi, beati.

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