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Angeli di Russia

Pubblicato da enzo cilento su 10 Giugno 2013, 05:18am

Non è una bella situazione quella del perseguitato, anche se si ritiene che questo avvenga in nome della Verità e della Giustizia.

Conobbi anni fa uno dei tanti ebrei russi che transitava nel nostro Paese in attesa di poter raggiungere gli Stati Uniti o il Canada, dove sperava di poter fare fortuna, di cambiar vita: in Unione Sovietica non gli era stato consentito.

Era già tanto non essere finito internato, mi diceva, a Novosibirsk o in Siberia, a Vladivostock.

Nell'attesa, qui in Italia, trascorreva le sue giornate cercando una qualche piccola occupazione, benché fosse studente di ingegneria, e vendendo tutta quella chincaglieria che i russi portavano a Roma e dintorni con sé, in quegli anni, per tirarci su qualche soldo: orologi sovietici, spillette, giochi da tavolo, uova decorate, cannocchiali, lenti d'ingrandimento.

Diventammo amici sulla spiaggia di Ladispoli, d'inverno, dove lo incontravo sempre nel pomeriggio, ma non comunicavamo che con poche parole: il suo inglese era pessimo; il mio francese rudimentale.

Ad ogni modo era evidente - e questo sapeva trasmettermelo con estrema efficacia - che la sua condizione di rifugiato, di esule, di perseguitato era pesante: gli si leggeva negli occhi e nella gravità di certi gesti. Eppure lui si diceva convinto di essere perseguitato a torto, che quel sistema da cui era fuggito era iniquo, il che infine sta a dimostrare che la consapevolezza di stare nel giusto non consola più di tanto chi ne è vittima.

Paolo e Matteo stamane ci parlano entrambi di quella persecuzione e di quella beatitudine che deriva dall'esserlo; il primo perché rimanda a quella capacità di consolare a nostra volta che assumeremmo grazie al martirio; il secondo - attraverso le parole di Gesù, del Discorso della Montagna - perché la "grande è la vostra ricompensa nei cieli".

Il mio amico russo, ebreo, mi mostrò presto la sua amicizia portandomi un giorno a casa dai suoi, un povero piano terra umido, occupato da due signori di mezza età, i genitori, silenziosi e sospettosi, e da un fratello più piccolo che non capiva neppure una parola di italiano: mi guardavano come guardano gli espatriati e quelli che temono di essere giudicati e scacciati.

Quando ottennero il visto per il Canada, mesi dopo, Vladim mi regalò una scacchiera in miniatura ed un altro gioco da tavolo portatosi dall'Urss. Era il 1990 e forse io ero migliore di quel che non sia ora.

Ho capito solo più tardi il perché della sua amicizia e della sua fiducia. Quei miei mesi a Ladispoli, in attesa della casa di Roma, appena laureato, sono stati tra i più solitari e tristi della mia vita.

L'amico esule aveva riconosciuto in me uno della sua razza, un apolide, uno in balia degli eventi e lo aveva soccorso con la consolazione con cui era stato consolato.

Gli angeli dopotutto sono patrimonio culturale della tradizione ebraica: non è detto che si posino solo sulla capanna di Betlemme e spesso parlano russo.

E' che la persecuzione e la desolazione, la tribolazione e persino il dileggio non ci sono risparmiati, a qualsiasi mondo si appartenga; e che sovente il premio che sta nei cieli pur essendo al nostro fianco ci è a lungo invisibile.

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