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Il film

Pubblicato da enzo cilento su 5 Giugno 2014, 08:30am

Tags: #in vista

C'è un vecchio film di Wim Wenders che spesso mi ritorna alla memoria, e che proprio di memoria e di immagini parla, in modo per certi aspetti struggente.

Un giovane (William Hurt) gira il mondo e memorizza, su di una strana memoria cerebrale, tutte le immagini che vale la pena ricordare e vedere, immaginare, proprio perché non svaniscano più.

Le immagini immagazzinate sono destinate a sua madre, Jeanne Moreau, che diventerà presto cieca: non prima però di avere memorizzato quelle immagini; tanto che così ricorderà e vedrà, per certi versi, ciò che un uomo non può desiderare in alcun modo di dimenticare.

In questi giorni in cui mi sto separando da tanti amici e da un mondo con cui ho condiviso un anno di vita, spesso stringo le palpebre e cerco di mettere in memoria i loro volti e le loro espressioni: non le voglio dimenticare. Magari quelle immagini non saprò raccontarle a nessuno e forse nessuno saprebbe cosa farsene, ma sono le cose della vita che non voglio dimenticare, più delle cascate di Iguazu e del Grand Canyon, per intenderci.

Me li vedo sfilare sotto gli occhi e penso che non so se li vedrò ancora. Sicuramente non più sotto la stessa visuale, quella della convivenza quotidiana; non saranno gli stessi che vedo oggi, ed io non più lo stesso per loro, come tutto ciò che passa del resto, cioè ogni cosa.

Al di là dell'aspetto apparentemente melanconico della cosa, riesco a vedere in questo un buon motivo per essere felice: ho trovato delle immagini e dei volti, delle voci che vale la pena tenere qui, in fondo agli occhi e dentro la mia mente, a pochi passi dal mio cuore.

E' l'esito infine soddisfacente di un anno vissuto gomito a gomito, di una strana convivenza che non lascia il vuoto, lascia immagini, foto, un film.

In Philadelphia, alla conclusione della storia umana del protagonista che lascia dietro sé tesori di umanità e splendidi ricordi, va in scena un video amatoriale che lo ritrae ignaro, da bambino, con i suoi giochi, i suoi genitori giovani, quelli che l'hanno amato. E non c'è mestizia in fondo: è quel che vale nella vita.

Così me le stringo le palpebre e me lo registro, me lo giro questo mio filmino amatoriale, da dilettante della vita che alla fine impara ciò che vale la pena tenere a mente e lasciare a coloro da cui ci si separa.

Dentro ci metterei un passo di danza, un volo di Nureyev, gli occhi umidi degli animali e le nuvole che scorrono davvero sul soffitto, come stamattina, le montagne belle, ciò che mi ha lasciato senza fiato; e alcuni volti amici e familiari che nemmeno mi va ora di rivelare.

Pensateci al film della vostra vita, alle cose che ci mettereste dentro e se fosse pieno zeppo come il mio potreste dire in tutta onestà di non aver fallito, di non aver buttato nulla; poter dire come Neruda, "Confesso che ho vissuto".

Certo, lo so, per quanto pericolosamente...

C'è un amico che voglio ringraziare in questi giorni, a titoli di coda in corso, uno che mi abbraccia con calore e che mi fa sentire che c'è musica dietro queste immagini. Tanto mi basta.

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