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La pace della libera unità

Pubblicato da enzo cilento su 5 Maggio 2013, 04:51am

Mi sono sempre chiesto quale sia la pace promessa dal Cristo nel suo Vangelo (ve n'è traccia nel passo di quest'oggi: Gv 14, 23-29) per non dire nella sua vita.

Non è sicuramente la pace dei sensi, paciosa e sonnacchiosa come quella del vecchio o del Budda che ormai più da nulla viene turbato e se ne sta separato dal mondo a travasar vino nelle sue bottiglie mentre solo di lontano gli giungono i suoni del mondo; non è la pace di chi ha mollato; e non è neppure la pace armata di chi si guarda in cagnesco: sta lì ad aspettare che altri lo provochi, alza le barriere e intanto si prepara alla guerra.

Di quale pace si tratta, allora?

E quale pace noi auguriamo a chi ci siede accanto, anche solo in chiesa: a quale pace pensiamo, noialtri?

La pace di un cuore indiviso, probabilmente, un cuore cioè che non sia fatto a metà tra Dio e Mammona, tra Dio e i nostri capricci, i nostri idoli, quelli sì che ci tolgono appunto la pace: una pace - azzardo - che non punti ad altro che a seguire il progetto in cui si è perfettamente al proprio posto (Piccarda Donati, in Dante, dice "E in sua voluntade è nostra pace"). Come se poi fosse sempre così facile individuarlo questo Suo progetto! - mi si farà osservare.

Quella pace forse si chiama prima d'ogni cosa "fiducia", che è peraltro sentimento reciproco perché, come lo Spirito viene assicurato e promesso a noi, in nostro soccorso, per i tempi in cui Gesù non è più fisicamente e visibilmente con noi; allo stesso modo si confida in noi perché partecipiamo e dello stesso progetto e dello stesso spirito, per non dire del corpo, un'unità che di per sé è già pace.

E' proprio l'unità del resto, mi sembra, il segno di questa pace (stare stretti, aderire) allo stesso modo in cui già nella radice del termine religioso e popolare "monaco", cioè solo, una sola cosa (con Dio in questo caso), è l'idea che solo in questa totale unità si fa la pace; e questa unità non si fa se non si ha fiducia nelle buone intenzioni dell'altro, come appunto in un buon matrimonio, che risponde poi allo stesso principio per cui si dice che solo nel matrimonio e soprattutto nel rapporto monogamico si realizza quell'alleanza e quel patto che vince la dispersione e che quindi è capace di creare non solo un nucleo unico e familiare, un patto ed un'alleanza appunto, ma ancor più si creano le condizioni perché si viva quella pace dentro, un progetto fattivo, spirituale e anche operativo, cosicché la pace non è un non fare niente appunto ma partecipare ad un progetto per costituire un'unità.

Dove c'è divisione in definitiva non c'è pace (perciò Cristo raccomanda "rimanete stretti a me"; "io e il Padre prenderemo dimora presso di Lui"), mentre dove si punti all'unità c'è appunto un segno di quel desiderio che noi chiamiamo pace.

La pace quindi si costruisce, ci si adopera per farla, ed è un percorso ed un disegno in cui si entra non passivamente, condividendo ciascuno con la propria personalità a fare di tutti una cosa sola. Nel nome dell'armonia e del concento dei diversi.

La pace che Cristo ci dà in ultimo potrebbe essere la consapevolezza di essere tutti chiamati alla costruzione di un corpo prezioso "monos" in cui a ciascuno sia lecito assolvere in libertà e in piena realizzazione al proprio compito specifico e insostituibile.

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La "libera unità" mi ha fatto pensare a Pictor della Favola di Hesse: attraverso le sue trasformazioni, la sua ricerca dell' albero della vita, della felicità, la tentazione del serpente che sembra vincerlo definitivamente con la sua pietra magica che somiglia a tutto il nostro superfluo, approda all' unità fondendosi con la parte mancante, dando vita ad un essere unico pronto a trasformarsi ancora. Forse anche per noi Dio - nel suo progetto non sempre facile da scoprire - ha previsto le trasformazioni di Pictor per giungere alla pace, all'unità a patto ci sia appunto quella fiducia reciproca fatta di inspiegabile intesa, amore, condivisione, complicità, scambio e come dice la favola di colori, musica, monti e valli tanto da renderti un umile ed immenso Tutto che splende come una "stella doppia in cielo".
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