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Il mondo in auricolare

Pubblicato da enzo cilento su 4 Maggio 2013, 04:47am

Si cammina sempre più spesso come se si fosse soli al mondo.

Le cuffiette nelle orecchie, la mente sintonizzata sulla musica che preferiamo; al telefono per parlare con chi non ci sta di fronte e parlando quasi solo del nulla e quindi di noi stessi; presi dall'unico mondo che riconosciamo degno di essere vissuto: il nostro.

Quadro pessimistico?

Può darsi che lo sia. Io non vedo che automi ormai sulla mia strada; nel treno (e viaggio spesso), sul tram, persino sui sentieri dove la gente va a correre ed a passeggiare. Perché uno ci risponda, occorre che si tolga gli auricolari dai suoi bei padiglioni e che stacchi per un attimo il suo mondo con l'aria di chi ti dice "come osi interrompere la proiezione di me stesso? Come osi esistere?".

Guardate che persino i menage familiari, i pranzi della domenica e degli altri giorni consumati assieme non sono molto diversi: nella migliore delle ipotesi, un televisore comune ricopre le voci e gli argomenti di ciascuno, sempre che qualcuno al tuo fianco non continui il suo viaggio nell'etere, tra le sue note e le sue telefonate con un altro nulla che racconta il suo niente.

E al mondo siamo soli davvero: io e me stesso, a maggior ragione se avverto il bisogno di non esserlo.

Verrebbe voglia di spegnerli tutti questi ordigni accesi sul vuoto e al tempo stesso alzare la voce perché si faccia silenzio: proprio perché è solo quel silenzio che oggi avrebbe capacità di parlare, in un tempo in cui nessuno parla se non a sé e di sé.

Ma il fatto è che nessuno vuole che esso parli proprio perché nessuno vuol più sentir parlare. Nessuno che voglia sentirsi dire che quel loro mondo non è interessante nemmeno per se stessi e che in definitiva quegli automi, tutti, sono tristissima cosa ormai: nessuno vuole sentirselo dire in definitiva che c'è qualcosa che non appartiene a quella temperie, appunto, e che quindi c'è chi quella temperie la contesta e la contrasta, confligge con essa, fino alla morte.

Quel silenzio che parla, l'unico a farlo, ormai, non appartiene loro ed è inevitabilmente perseguitato da quel chiasso che è muto e che non esprime nulla e perciò il mondo lo odia.

Il mondo vi odia e vi perseguita perché non appartenete a chi non s'appartiene più, a chi non si capisce, non comunica, si è condannato a rispondere in automatico, a vivere in automatico, mentre un bla-bla-bla vi sommergerà.

Faranno questo a questo silenzio assordante, a questo grande interrogativo che all'improvviso si fa presente - per così dire - sul loro orizzonte perché non solo il servo non è più grande del suo padrone ma perché il meccanismo non vi riconosce come suoi: perché avete osate interrompere la loro trasmissione preferita, il loro format che non li stanca mai: la continua proiezione di se stessi, Narciso che si specchia disperato perché non riesce più a staccarsi da quella passione sterile per se stesso che è onanismo e compulsione in automatico.

Sono solissimi, non sanno parlare, non vedono altro eppure non sanno farne più a meno.

Il tu non esiste: da eliminare. E' una frequenza di disturbo: movimento di labbra che non emettono suono per te che sei immerso nel tuo auricolare preconfezionato.

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Spero, credo ci sia un silenzio che non puoi far stare zitto: quello che solo Lui sa capire e che vive con te anche quando non sembra; di Amore, un silenzio fatto da tutte quelle piccolissime cose che pochi apprezzano ancora, ma che sono presenti in tutti noi. Forse abbiamo messo dei tappi (chiamali auricolari, chiamali cellulari, PC, come vuoi), quel silenzio però grida come un matto
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