Si cammina sempre più spesso come se si fosse soli al mondo.
Le cuffiette nelle orecchie, la mente sintonizzata sulla musica che preferiamo; al telefono per parlare con chi non ci sta di fronte e parlando quasi solo del nulla e quindi di noi stessi; presi dall'unico mondo che riconosciamo degno di essere vissuto: il nostro.
Quadro pessimistico?
Può darsi che lo sia. Io non vedo che automi ormai sulla mia strada; nel treno (e viaggio spesso), sul tram, persino sui sentieri dove la gente va a correre ed a passeggiare. Perché uno ci risponda, occorre che si tolga gli auricolari dai suoi bei padiglioni e che stacchi per un attimo il suo mondo con l'aria di chi ti dice "come osi interrompere la proiezione di me stesso? Come osi esistere?".
Guardate che persino i menage familiari, i pranzi della domenica e degli altri giorni consumati assieme non sono molto diversi: nella migliore delle ipotesi, un televisore comune ricopre le voci e gli argomenti di ciascuno, sempre che qualcuno al tuo fianco non continui il suo viaggio nell'etere, tra le sue note e le sue telefonate con un altro nulla che racconta il suo niente.
E al mondo siamo soli davvero: io e me stesso, a maggior ragione se avverto il bisogno di non esserlo.
Verrebbe voglia di spegnerli tutti questi ordigni accesi sul vuoto e al tempo stesso alzare la voce perché si faccia silenzio: proprio perché è solo quel silenzio che oggi avrebbe capacità di parlare, in un tempo in cui nessuno parla se non a sé e di sé.
Ma il fatto è che nessuno vuole che esso parli proprio perché nessuno vuol più sentir parlare. Nessuno che voglia sentirsi dire che quel loro mondo non è interessante nemmeno per se stessi e che in definitiva quegli automi, tutti, sono tristissima cosa ormai: nessuno vuole sentirselo dire in definitiva che c'è qualcosa che non appartiene a quella temperie, appunto, e che quindi c'è chi quella temperie la contesta e la contrasta, confligge con essa, fino alla morte.
Quel silenzio che parla, l'unico a farlo, ormai, non appartiene loro ed è inevitabilmente perseguitato da quel chiasso che è muto e che non esprime nulla e perciò il mondo lo odia.
Il mondo vi odia e vi perseguita perché non appartenete a chi non s'appartiene più, a chi non si capisce, non comunica, si è condannato a rispondere in automatico, a vivere in automatico, mentre un bla-bla-bla vi sommergerà.
Faranno questo a questo silenzio assordante, a questo grande interrogativo che all'improvviso si fa presente - per così dire - sul loro orizzonte perché non solo il servo non è più grande del suo padrone ma perché il meccanismo non vi riconosce come suoi: perché avete osate interrompere la loro trasmissione preferita, il loro format che non li stanca mai: la continua proiezione di se stessi, Narciso che si specchia disperato perché non riesce più a staccarsi da quella passione sterile per se stesso che è onanismo e compulsione in automatico.
Sono solissimi, non sanno parlare, non vedono altro eppure non sanno farne più a meno.
Il tu non esiste: da eliminare. E' una frequenza di disturbo: movimento di labbra che non emettono suono per te che sei immerso nel tuo auricolare preconfezionato.