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Gli abbracci di Rivotorto

Pubblicato da Enzo Cilento su 26 Settembre 2015, 08:07am

Tags: #Vita consacrata

Gli abbracci di Rivotorto

Si apre il secondo dei miei nove giorni di questo viaggio intrapreso così, con Francesco d’Assisi. Ieri sceglievo la mia foto alla Porziuncola, Santa Maria degli Angeli, dove – basta un’ora di sosta alla stazione di Assisi – per potercisi recare: è appena là, a sinistra della ferrovia. E anche lì c’è un ricovero in pietra del santo, minuscolo, come doveva essere Francesco.

Alla Porziuncola la gente si ferma e s’inginocchia; poi, un po’ più in là va a vedere il luogo in cui Francesco in si sarebbe addormentato, ma non per sempre.

Ci sono invece come delle cellette di pietra – poco più di una stalla a Rivotorto - dov’erano i lebbrosi. E quello è un altro cammino da non mancare. Non manco mai di farlo, per ricordarmi anche la mia di lebbra. Perché se la Porziuncola è l’uomo da restaurare e il suo tempio grande e minuscolo insieme; Rivotorto è l’abbraccio da non mancare a chi è messo da parte e guardato a vista, l’intoccabile, il dolore, l’ultimo degli ultimi di cui pure non si può avere timore. La lebbre possono essere guarite e non di rado possono guarire chi ne viene a contatto.

Leggevo giorni fa il dramma “L’annonce” di Paul Claudel. Protagonista ne è Violaine; e la sua lebbra, l’isolamento e l’abbandono che ne consegue n una Francia un po’ di maniera dei tempi della pulzella d’Orleans.

Anche in Violaine, la lebbra fiorisce e dà frutti, appunto. Dai lebbrosi e dalle nostre ferite non c’è che da imparare.

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