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Avevo espresso l’altro ieri solo un desiderio: ma forte e profondo allora, sentito; come se venisse dal profondo, sedimentato, più di quanto mi apparisse chiaro, persino a me, “interior intimo me”, oltre la mia consapevolezza, insomma.
Ci sono cose – dico - che desideriamo dall’eternità, forse, che sono in noi e sono noi stessi; son dentro fin dal seno materno, come si dice; quanto è dentro le nostre ossa e le nostre viscere; come se fosse una voce, il richiamo del sangue e una invocazione, un richiamo che abbiamo fin nelle midolla; insomma è ciò che ci costituisce.
Ora, quando un desiderio è così, è cresciuto in definitiva ed è maturato, adulto, come se fosse vero più che mai, quello diventa molto di più che un semplice volere ed augurarsi che: esso diventa vero, fatto e storia, come diventano veri i sogni per cui lavoriamo e ci affatichiamo.
Avevo un desiderio insomma, appena appena accennato a fior di labbra l’altro ieri, e penso d’averlo lasciato lì, senza neppure pronunciarlo con la voce. Non è importante neppure quanto ad altri possa apparire credibile la cosa, follia, stoltezza in fondo, per la nostra ragione.
Era quello di ritornare lì davanti ancora, esattamente in quel posto, solo davanti a delle pietre silenziose. Sarà follia, sarà, ma a sole ventiquattro ore – e anzi, prima – ecco presentarsi l’occasione perché ciò accadesse, senza quasi che si potesse fare altrimenti.
Rieccomi a tornarci domattina dunque, laddove tutto mi sembrò avesse un nuovo inizio, cinque anni orsono, davanti a quei sassi, a quel silenzio, e a quella scelta, così essenziale.
Si va di nuovo e ancora, da Francesco, e non mi sembra un caso, come i tanti “casi” che mi hanno ricondotto là; come ciò che vi è accaduto per me e per tanti, immagino, prima di me.
Che quelle rocce forse respirano e parlano ancora e sono piene di energia, così tanto da rimetterli in vita questi mucchietti d’ossa miei e di pensiero; tanto da spingermi e incoraggiarmi a non aver paura.
La mia strada, almeno per certi aspetti, sembra dover passare inevitabilmente di là, come un magnete, come se fin dentro le ossa fosse penetrato quel richiamo, la memoria e la speranza che mi dà.
Un santo ed un poeta. Chi altri se no? Chi altri avrebbe potuto conquistare me, presunto e sedicente letterato e apprendista (e non stregone) di quello che mi manca, che non è niente se non ciò che vale più di tutto e di ogni cosa?
Mi piace molto pensare a come Dio sappia di chi servirsi per farci felici. E io sento che quell’uomo, ad Assisi, era quello che faceva per me, l’angelo che stavamo aspettando, io e quelli che un po’ credono nel Padreterno e anche in me, imprudentemente.
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