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Cime

Pubblicato da Enzo Cilento su 30 Agosto 2015, 09:14am

Tags: #Vita consacrata

Cime

Quelle cime dei monti all’orizzonte, anche stamattina, continuano ad attrarre il mio sguardo, come un miraggio e come una meta da raggiungere. E’ sempre stato così.

Se passo nei pressi di una cima, in una gola, io non posso fare a meno di immaginare come sarà lassù. E comincio a pensare adesso, che ora o mai più sia il tempo di mettermi le scarpe ai piedi, per salirci: non mi resta ancora una vita davanti insomma. Queste cose si fanno fin quando se ne ha la forza e l’età.

Ho sempre abbinato a questa idea, quella di una vita che a mio modo somiglia a una salita, ad un’ascesi addirittura, senza sopravvalutarmi, per carità! Anche se l’ascesi dopotutto non è null’altro che un cammino, in cui uno si pone un obiettivo; quello di arrivare un po’ più su e di imparare a gustarsi le mete raggiunte, e il panorama di sotto, la via percorsa alle spalle, come spesso mi capita di dire. E forse, davvero mi diverto a dirmi quel che in più di ieri ho raggiunto, senza vanagloria, ma anche perché non mi vinca la disperazione.

E’ il segreto dell’atleta dopotutto, che ai risultati, giorno dopo giorno, attribuisce la forza per continuare ad allenarsi: “c’è un’altra cima che voglio raggiungere” – dice un cuor suo – “e se Dio vorrà …”

Che poi una buona mano bisogna dargliela anche con la nostra forza di volontà peraltro.

Guardo su e mi interrogo; lo faccio coinvolgendo talora persino i miei compagni di cammino: “ci sarà un rifugio lassù? Mi pare che quello lo sia” – additando qualcosa. E immagino che ci sia un eremo, un santuario, persino una torre, per non dire una grotta in cui andare a gustarmi la solitudine che alimenta la mia anima di lottatore.

Perché questo non mi fa sfuggire alla mia voglia di testimoniare contro l’ipocrisia, in favore dell’autenticità che in qualche modo fa sempre rima con coerenza, almeno nelle intenzioni.

Ma forse anche per questo non devo fare altro che partire da me.

Insomma, quelle cime. E quell’aria rarefatta e quella voglia di saltare come lo stambecco di salto in salto e cantare la gioia di vivere lassù in altura. Siamo degli albatros – diceva Baudelaire, senza sbagliare – e a terra non sappiamo camminare; anzi neppure lo vogliamo.

Le cose quotidiane sono un peso e un po’ la croce; mentre la roccia è il luogo della nostra avventura.

La verità è che non abbiamo mai rinunciato a volare. E per far questo si dev’esser seri, non puoi barare se ti vuoi arrampicare e gustare la bellezza del mondo guardato con amore anche se un po’ da più lontano. Non ci crederai, ma da lì sopra tutto appare più chiaro.

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