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Scarta e avanza

Pubblicato da enzo cilento su 8 Marzo 2015, 11:47am

Tags: #il clericalese

Leggetevi ora qualsiasi rivista, qualsiasi “messalino” (per chi non fosse del settore, il messalino è una “guida” perlopiù mensile che contiene tutti brani della “liturgia della parola”; cioè le letture inserite nella messa, giorno per giorno, con relativo commento, in genere); e vi troverete un nuovo “must” che si è venuto diffondendo nel nostro dizionario “clericalese”.

Si tratta de “la cultura dello scarto”, il cui copyright va riconosciuto senza meno a papa Bergoglio che per primo lo ha sdoganato.

Detto che condivido in pieno il senso di quello che mi sembra voglia indicare con questo termine, Bergoglio, a cui riconosco – né sono da solo a farlo – una vivacità lessicale invidiabile; è il coro e anche l’abuso del termine successivo che un po’ ci fa sorridere.

In primis: perché mi sembra che non pochi lo usino ormai anche a sproposito, senza mettere a fuoco il senso del messaggio “bergogliano”. In secundis: perché sembra che ora tutti abbiano a cuore il tema dopo averlo ignorato, nei secoli dei secoli. Amen

E’ lunga la coniugazione e l’abbinamento che si può dare all’idea di cultura della scarto, ma in linea di massima, non ci allontaneremmo di molto dal vero, dicendo che rimanda ad un cultura in cui vale solo ciò che è evidentemente produttivo e vincente, che fa incassare e che paga.

Dove chi è fuori dalla logica del consumo, della produzione, del segmento di mercato interessante, è scarto: è immondizia.

Lo sono poveri e non abbienti, diseredati; lo sono popoli e persone; lo sono emarginati vecchi abbandonati malati carcerati; tutti quelli che sono “periferia dell’umanità” (eccolo un altro refrain).

Dopodichè, mi chiederei in quale misura non si sia contribuito – tutti, me compreso: e non è il solito mea culpa; è semmai uno spunto per una sorta di auspicabile analisi sociologica che vorrei vedere intrapresa – a darle per scontate queste sacche di scarto.

Ogni uomo messo da parte, ovunque sia e per qualsiasi motivo, messo all’angolo è scarto ed è periferia.

Lo sono allora anche tutti quelli che giudichiamo e condanniamo, che riteniamo debbano star fuori dalle nostre comunità e dalle nostre chiese, persino dai nostri sacramenti, azzardo.

E qui vado a braccio, per non dire, alla rinfusa: zingari e menomati, divorziati e separati, non credenti e stranieri, immigrati e omosessuali, prostitute e pubblicani; vicini di casa e lontani; figli bastardi e bambini in provetta; chi vuole un figlio ad ogni costo e chi sostiene il divorzio e anche la maternità surrogata, la fecondazione eterologa e quella in vitro; quelli che sono per l’eutanasia e quelli che sono invece per la difesa di una vita, comunque essa sia…

Insomma tutti produciamo scarti e tutti, da ogni pulpito, abbiamo contribuito a creare una cultura che scarta, che escludo e che non accoglie. La storia è uan storia di gruppi egemoni che scartano altri. (Oggi l’Esodo ricorda “non starai con la maggioranza per commettere ingiustizia!”).

Una mia amica mi raccontava giorni fa della sua esperienza di lavoro in un paese del Centro Italia dove si è fatta trasferire. Mi diceva del suo dolore non solo nel non sentirsi accolta (quindi scartata), ma ancor di più nel non sentirsi accettata neppure in parrocchia dove il gruppo chiuso in pratica le aveva fatto capire che per certe cose, letture e quant’altro nel corso della messa e non solo, ci pensavano da sempre loro.

Il problema insomma, in ogni ambito è l’accoglienza e, dove manca questa, si scarta, si esclude.

Cristo non era così, facendo il verso ad un noto spot di una banca (“la mia banca non è così”).

Già! Il mio cuore l’ho messo in una banca, Cristo direi, che accoglie sempre, anche se non hai reddito fisso e busta paga; se ti sei separato da tua moglie/marito e vivi da solo/a e un po’ triste (“venite a me voi che siete afflitti”); se hai difficoltà a capire la tua identità, la tua vocazione, la tua collocazione qui e altrove per non sentirti uno scarto.

E’ questo che non dovrebbe avvenire, dico: mai.

Che uno si senta scartato come in un talent show: “non hai i numeri”.

I numeri. Ognuno ha i suoi.

Anzi, qualcuno non ne ha, perché non può permettersi di pagarlo il cellulare.

Che fai? Dal momento che non puoi nemmeno chiamarlo, non è degno della tua compagnia?

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