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Vedove e straccioni

Pubblicato da enzo cilento su 10 Giugno 2014, 07:42am

Tags: #la storia

Uno che abbia poco e che offra quello che ha, non può che dirsi generoso; forse, di più. Non "Cicero pro domo sua", ma ricordo bene che fu al brano del Vangelo che tirava in ballo il ben noto obolo della vedova, l'unico che ella possedeva, che quel poveraccio si sentì scuotere fin nelle viscere e si avvicinò dicendo "è quel che ho. Può forse tornarvi utile?". Si fidò.

Non possedeva molto e sapeva che quanto aveva, a stento sarebbe stato sufficiente per sé e per suo figlio, per sopravvivere, come la donna di Sarepta...

In realtà a chiedergliene conto era stato un tale Elia, ritiratosi a vivere nei pressi di un fiume, a cui i corvi portavano da mangiare, uno che sopravviveva "di provvidenza"...

Insomma, la storia descritta nel libro dei Re è questa, certo. E di questa storia si fanno forti tanti poveri al mondo che sanno di poter trovare un pasto da chi neppure ne ha per sé; chissà perché.

Sarà che le vedove sono abituate alla miseria della propria condizione; che esse conoscono cosa significhi il dolore e la sofferenza, cioè gioia e angoscia insieme, come direbbe Bonhoeffer; anzi gioia dopo l'angoscia soprattutto. E non esiste gioia che non sia anch'essa frutto del suo bel travaglio.

Resta il fatto che la vedova mette quel che ha sul piatto e "che Dio ce la mandi buona", infine; che non ho mai visto il giusto abbandonato - dice il salmo - e che questi ha sempre trovato insomma un tetto ed un pezzo di pane.

Magari non è sempre così - diremo - se i clochard popolano le nostre città e dormono sotto i portici di piazza Vittorio a Roma e sul fiume Tevere, sotto i ponti; sotto i portici del Museo a Napoli e così in tutte le città.

Forse che non sono giusti anche loro?

O forse che essi sperimentano la sorte del Cristo che non ha dove posare il capo e neppure le membra: neppure un nido e neppure una tana?

Insomma, la vita e quella quotidiana, non quella sognata, le vedove ce le fa vedere non di rado sotto il cielo, come i giusti; poi magari noi sogniamo che se hanno un tozzo di pane l'offrano a chi sta peggio di loro: ce n'è?

E che non prevalga la fame che acceca, che non prevalga l'istinto della sopravvivenza e l'invidia del pane, questa sì, l'invidia per chi un giorno di vita ancora sembra avercelo garantito.

Offerto che ebbe il suo obolo e la sua povera farina, con l'olio che era rimasto e la legna per scaldare la focaccia, quel tale si approssimò pensando che ne avessero bisogno, mentre accadde che quelli eran sazi e che non volevano nulla: null'altro che essere lasciati soli, in pace.

Il fatto è che la vedova, la solitudine non se la sceglie mai; ne conosce il sapore amaro e sa cosa significhi stare la notte sola in casa quando fa freddo. E forse questo non interessava: "Se hai bisogno di sentirti utile, torna dagli straccioni come te".

E in fondo non avevano neppure torto.

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