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Le croci di Utah Beach

Pubblicato da enzo cilento su 8 Giugno 2014, 06:03am

Tags: #la storia

Ci sono scene di "Salvate il soldato Ryan" indimenticabili: descrivono la carneficina. La realtà ricordata in questi giorni è molto peggiore però, e non è cinematografica, non è finzione, per quanto ben riuscita.

Per quanto ben riuscita, la stessa manovra di sbarco che solo al primo assalto, al primo giorno, vide cadere circa undicimila alleati e quasi diecimila giovani tedeschi, fu essa stessa un macello, uno di quei quadri orripilanti, Bloch, che neanche la fantasia ossessiva dei pittori medievali riesce a pareggiare pur con tutte le loro scene raccapriccianti che ritraevano l'inferno, quelli dentro e quelli fuori, certo.

La guerra - anche quella di liberazione - è un inferno; la guerra lo è sempre.

Così come è un inferno la guerra interiore infatti, che vive, quando la vive, ciascun uomo, capace anch'essa di farlo a pezzi, di annientarlo, di renderlo solo dei brandelli sanguinolenti e senza vita.

Il demonio, Satana, è la guerra, talmente assetato di sangue da chiederne ancora, perché ci si liberi della sua presenza. E allora la storia, con il suo guerreggiare continuo, di uomini contro altri uomini, più che qualsiasi giungla, è il luogo in cui questi, il Satana, trionfa, quasi sempre, solo per questo "carne", carne a brandelli sulla nostra pelle: verrebbe da dire.

Nei sacrari visti in questi giorni in Normandia, dove facevano bella mostra di sé i grandi della terra, c'è ancora il sapore acre della morte. Ma è difficile sapere se i potenti siano in grado di sentirlo; se l'ansia di potere e di farsi vedere non li renda per caso impermeabili al puzzo del sangue e delle viscere; se non si vestano delle stesse vesti del Male che ci fa a pezzi da sempre.

Di fronte al male non può che opporsi la coscienza di questo, che è già di per sé bene: è già volontà di opporsi ad esso, quindi di fare il suo contrario, di mettere in moto un circolo "virtuoso" - intendo - interrompendo quello perverso che semina morte.

Sotto questo punto di vista quelli che sbarcano dal mare e che vengono a morire per liberare l'Europa dall'orrore, sono "bene" pur portando anch'essi morte e distruzione.

Sarà che nessun bene è indolore; nessuna pace si può ottenere senza aver faticato, aver versato sangue, pur di eliminare chi semina la morte per se stessa.

Perché in fondo non è neppure la morte stessa il male; lo è una morte compulsiva, che prende gusto di sé, che si lecca vogliosa le labbra lorde, che si autocompiace del proprio potere gratuito ed inutile; quella che prende gusto a seminare il terrore, come una peste come una malattia: che mette gli uomini nell'angolo della loro disperazione.

Da lontano aspettiamo che spuntino le forze capaci di liberarci, anche se a ben vedere quelle che son capaci di distruggere ed anche quelle in grado di liberarci dal gusto della nostra distruzione, sono già tutte dentro di noi, bifronti e carne attraversata da un desiderio di liberazione.

Da Caen a Sword Beach, fino Juno Beach, in cento giorni confluirono centomila uomini settant'anni fa, per combattere l'Impero e la sua terribile croce uncinata, un bestemmia usarla così una croce.

A Utah Beach in questi giorni i cimeli nazisti erano in vendita a prezzi competitivi, per collezionisti, amanti dell'orrido.

Servisse almeno ad esorcizzare la paura che a volte gli uomini, così facendo, mettono a sé stessi!

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