"Tu sei indulgente con tutte le cose - dice la Sapienza - perché sono tue, Signore, amante della vita. Perché il tuo spirito incorruttibile è in tutte le cose".
E per questo ti sta bene persino il piccolo Zaccheo che sale sul sicomoro per cercarti, almeno con lo sguardo.
Raccoglieva danaro, probabilmente a usura, rubacchiando tasse imposte e balzelli: un omino insignificante; quasi la parodia di certa oleografia costruitasi nel tempo a scapito del popolo che Egli si è scelto, quello di Israele.
Come il vecchio professore dell'Angelo Azzurro, di Manfred Mann, ebreo erudito e benestante, che perde la testa per la sua ballerina, vista la prima volta nella locanda del Malaffare.
Contro questo immaginario si aizzò l'odio per una razza e con esso trionfò la più abietta delle ideologie.
Zaccheo non parlava yiddish (lo faranno gli ebrei d'Europa, secoli dopo) e le sue abluzioni doveva farle tutte. Poi, si sa, la vita impone altro.
Ma quello passa e gli dice "vengo a mangiare a casa tua", perché si può essere esattori, piccoli e brutti, e non essere disprezzati.
Non sono molto più bello, invero.
Forse abbiamo tutti qualche speranza - mi dico - che venga a mangiare da me, uno a cui non interessa la mia deformità fisica e morale; uno che in fin dei conti sa essere indulgente e sa "correggere a poco a poco quelli che sbagliano e li ammonisci ricordando loro in che cosa hanno peccato, perché, messa da parte ogni malizia, credano in te, Signore" - riprende la Sapienza.
Solo questo mi fa sperare: che l'esattore non resterà solo. Che non passerà sotto il sicomoro fingendo di non averlo visto.
Solo così Zaccheo può non innamorarsi più dell'Angelo Azzurro che lo porta alla rovina.