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Oltre le strettoie

Pubblicato da enzo cilento su 25 Agosto 2013, 08:14am

Tags: #in vista

Oltre la porta stretta per la quale dovremmo sforzarci di entrare (cfr. Lc 13,24), è da credere che ci siano scenari incantevoli.

Spesso, in montagna, accade che dietro un passaggio, una strettoia, persino un passo, un pinnacolo da superare, una pietraia, ci siano infatti spettacoli naturali inimitabili: laghi e torrenti; una valletta e la verzura, animali in libertà e nibbi, aquile e piccole famiglie di cervi e di stambecchi; marmotte che scorrazzano e che altrimenti puoi vedere solo dall'alto. Persino sulle scogliere è così: in riva al mare o in un lago. Persino in fondo al mare... O forse sulla luna.

Io sono un camminatore instancabile, devo dire, e mi capita di frequente di scoprire la frequenza con cui si verifica questo avvenimento: non c'è tesoro al quale non si acceda che per un passaggio; fosse anche tra le pietre di un torrente.

Appena là dietro, dietro quel cespuglio e quel masso, quel muschio bagnato e scivoloso; c'è uno specchio d'acqua e c'è un incanto. E, mentre lo racconto, mi si accalcano ora nella memoria, come in una serie di fotogrammi, tutte le immagini straordinarie di questo spettacolo inatteso per cui spesso, cercando, trovi l'impossibile; e, non cercando, esso ti si presenta con ancora maggior sorpresa.

Persino, stando in metafora, l'incontro con le persone e la loro umanità; persino quello con la fede e con Cristo avvengono secondo questa dinamica del passaggio.

Cercavamo altro e camminavamo un po' storditi e nell'angoscia, quando d'un tratto, dietro quell'angoscia si è aperto un varco che ci ha condotto di fronte alla scoperta.

Dio, pur nella nostra incertezza e nel nostro limite, a noi sembra essersi fatto presente così.

Il passaggio stretto è quasi sempre una domanda: ci passo perché o non posso fare diversamente o perché proprio non so resistere a questo rito simbolico del passaggio, dell'andare oltre; perché le umane genti difficilmente si fermano e sono contente al quia.

Le cose vanno attraversate a piedi e talora pure sanguinando quando star fermi non basta più, cosicché quelli che credono di esserci, man mano se ne allontanano; e quelli che ancora non ci sono, attraversando la domanda, giungono infine ad una riposta, non di rado inattesa.

Quello che credo fortemente è che il nostro Dio non sia quel giudice indefettibile e arcigno che rechi in mano la bilancia della dea posta a guardia dei nostri Palazzi di Giustizia.

Credo in un Dio che sia sempre un passaggio abbordabile e commisurato alle condizioni ed alla forza di ciascun viandante; che non chiude porte e non le stringe per il gusto di farti graffiare, ma solo perché gli uomini, non fatti come bruti ma per seguir virtute e conoscenza, continuino a camminare per capire e per vedere: prima di tutto un mondo nuovo; e, dentro lo specchio d'acqua, la propria immagine riflessa, non più di Narcisi solitari, ma resa piuttosto a somiglianza di Dio, conoscenza pura.

Ogni passaggio ed ogni porta stretta conduce a se stessi; a sapere chi siamo. Senza averne paura.

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