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La veglia

Pubblicato da enzo cilento su 20 Luglio 2013, 07:44am

Tags: #la storia

Sono stato intubato anni fa, in una sala di rianimazione, a causa di un'intossicazione da farmaci.

C'è un buco nero, come per tutti quelli che hanno condiviso situazioni simili, che è come un tempo non vissuto: forse quei venti giorni che non esistono su nessun calendario, quelli cancellati dalla storia a seguito della riforma dei calendari: 500 anni fa.

In realtà quei giorni di storia non ci sono mai stati, mentre quel giorno di buio nella mia vita è esistito e, mentre io ero là, avvolto nel mio torpore, l'estate continuava a dardeggiare; i locali a suonare; la gente a ballare; a prendere il sole; a piangere e a gioire; a nascere ed a morire. Quel giorno è esistito, anche senza che ne fossi cosciente.

Forse non ne era consapevole neanche chi mi era al fianco, in quel momento: la vita - è vero - si ferma per chi è vicino a chi ha interrotto la consapevolezza di vivere; a chi vive quello stato di galleggiamento tra l'essere e il non essere più qui.

Non credo che mio padre e mia madre si rendessero conto di quanto accadeva e scorreva altrove, mentre erano al mio fianco, in quella lunga notte prima del risveglio. Mi ricordo che la prima voce che ho udito è stata quella di mia sorella Irene (quando si dice "nomen omen"!) che ritmava "respira, respira" il mio ritorno alla vita e mi incoraggiava a riprendere a farlo, come a darmi l'input giusto, il ritmo della dell'esistenza.

Già: il ritmo della vita!

Ricordo l'emozione provata a sentire il tonfo del pompare del mio cuore davanti ad un ecocardiogramma. La vita ha un suo rumore, profondo e quasi sordo, una sua profondità; è come sangue pompato, acqua che fluisce nelle turbine; è come un meccanismo che mette in moto il circolar dell'universo, del cosmo e delle stelle nella nostra carne; "sonitus", come quello che immaginavano gli antichi fosse alla base dell'armonia dell'Universo (ricordo il Cicerone del Somnium Scipionis...).

E mentre tu dormi e sei tra il silenzio e il suono impercettibile del cosmo, c'è uno che veglia sul tuo passaggio dall'attesa all'essere, all'essere nuovo.

Notte di veglia fu questa per il Signore per farli uscire dalla terra d'Egitto... - ricorda l'Esodo stamattina.

Da quante notti siamo usciti e quante attese ed ansie ci hanno accompagnato, aspettando l'alba e l'annuncio della sentinella.

Ci sono stato di nuovo, anni dopo in terapia intensiva, per l'improvviso malore di un mio parente ed ho rivisto tutto. Quel Dio che sta al capezzale per tirarti fuori e accompagnarti dove è bene tu sia; la sospensione del tempo e l'ansia, il respiro trattenuto e l'apnea. "Ha aperto gli occhi. Dottore, significa qualcosa?" E lo stringere le dita attorno alle tue; il contrarsi di un muscolo facciale; come un sorriso fatto al vuoto, all'intorno; e poi ancora un aggrottar delle sopracciglia: "significa qualcosa?".

Tutto significa qualcosa. Anche un battito di ciglia, Dio sa valutare in queste notti in cui ti porta fuori della tua prigione, quando veglia la reazione di quel figlio che sembra perduto. Ti sveglierai e ti troverai tuo padre a fianco. Sarai a casa tua e non ricorderai nulla, tu.

Non lui per cui non venti giorni ma cinquecento anni saranno sembrati i tuoi giorni di incoscienza e di silenzio, "figlio mio che ti credevo perso per sempre e che invece sei di nuovo a casa, nel letto tuo, fresco, nella stanza con le tendine semiaperte e il sole che le rende trasparenti al mattino, mentre la luce negli occhi tuoi è luce per i miei stessi; mentre vedendoti uscire dal tuo torpore mi dicevo ancora a fior di labbra "respira, respira" e non sapevo se fosse un invito a fartelo fare o solo l'esclamazione del naufrago di fronte all'orizzonte, "Terra, terra".

Come se fossimo di nuovo vicino all'America.

"Stasera vado a letto e spegnerò la luce, finalmente - dopo un tempo immemorabile - sembra potersi dire il padre, dopo tutta quell'attesa. E' giunto il tempo di riposare dopo tanta fatica" - prima di ritornare indietro e spiare dalla porta socchiusa, ancora una volta, per vederti dormire.

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