Beh sì: chi ha visto Lui, ha già visto il Padre, tanto per seguire Giovanni nel suo Vangelo di oggi (14, 7-14). Innanzitutto perché chi ha veduto questa bellezza non può augurarsene una più grande (il cuore stesso non reggerebbe) e poi perché quel trasumanar di cui parla Dante è già compiuto, più che attraverso qualsiasi impresa cosmica e rutilante, più che lanciandoci da migliaia di metri, in cielo; più che attraversando il Tibet e le Ande, che è un po' il mio sogno, per dire.
Le opere a cui assistiamo - meglio ancora a cui partecipiamo, perché non può non esserci una partecipazione emotiva proprio come di fronte ad un spettacolo mozzafiato e ad un film meraviglioso, ad una vicenda che ci cattura - sono opere che testimoniano un'Alterità - direbbero i dotti - che si fa umanità, cioè vive tra noi, trasformando la nostra esistenza e la parabola delle nostre umane vicende: non perché esse siano preservate da ogni male e da ogni insuccesso, ma perché tutte acquistano un segno significativo: sono opere che, in ogni caso, riusciamo a rileggere oltre la loro semplice apparenza e quindi anche oltre noi stessi: esprimono una volontà, spesso non nostra, di testimoniare una presenza che è vicina a tutti. Ed è questa in definitiva la chiamata che viene rivolta a tutti, tutti potenziali portatori di questa manifestazione di senso, tutti "dono". A ciascuno nella misura in cui ci è possibile e in cui ci è noto: a ciascuno secondo il proprio talento.
Vorremmo sempre vederlo questo Padre - come dice Filippo nello stesso passo di riferimento - perché siamo un po' duri di comprendonio, per dirla in soldoni: perché ci sono momenti in cui prevale la sfiducia e ci sembra di non portare nient'altro che noi stessi.
Il fatto è - mi sembra invece - che proprio portando davvero noi stessi, noi portiamo la testimonianza visibile di quella Paternità visibile tra di noi, con la nostra debolezza e la nostra grandezza insieme, la nostra singolarità. E ciò accade quanto più siamo stati liberati e dall'ansia di prestazione da cui tutti siamo oberati e da quella volontà di essere diversi da come siamo e come in fondo farebbe comodo a tanti che fossimo.
Quella liberazione avviene quando avvertiamo un amore che ci ha accolto e che ci spinge a dare il meglio di noi stessi, senza per questo escludere le inevitabili battute a vuoto, un amore che ci dà tutto quello di cui abbiamo bisogno per essere salvi da certi meccanismi e perché messi in grado di chiedere, in nome di questo amore, che tanto avvenga.
E' in nome dell'amore - dice Cristo in questo brano - che otterrete quello che chiederete.
E - aggiungo - ne sarete felici come quando da bambini siete stati accolti tra e braccia di un Padre o di una madre che da tempo non vedevate.