Pregare più che un‘arte è ancor più un atteggiamento. La preghiera più bella è quella così poco verbosa, così povera di parole …
Ci si mette di fronte al Dio in cui crediamo e ci troviamo inevitabilmente davanti a noi stessi, benché non proprio soli, in compagnia delle nostre perplessità e di quello che davvero desideriamo. Quel desiderio vero e profondo che le parole non sempre dicono perché spesso ingannano e con esse inganniamo.
Ci mettiamo lì davanti, pensiero e persino assenza di pensiero; e scopriamo a che punto siamo. A volte davanti ad una parete spoglia su cui disegnare il volto inimmaginabile del Dio a cui ci rivolgiamo, spesso così somigliante al nostro, quello di un uomo; altre, così Altro da non trovare neppure il modo di comunicare.
Chissà quanto crediamo davvero alla fattività del nostro pregare, al fatto che esso sia un atto cui corrisponda un effetto, una risposta almeno. Se solo credessimo, sposteremmo le montagne – mi han detto.