Come quando si vive in una casa con troppi oggetti, con troppi drappi e tendaggi così che non vedo l'ora di liberare i mobili e gli armadi dai gingilli e dalle cose inutili, che quasi non mi danno respiro (detesto le case dove son le cose a dominarti: ricordo con orrore il Vittoriale di D'Annunzio); allo stesso modo, nell'esistenza il troppo guasta e toglie il respiro.
Mentre la vita è sempre e soprattutto aria e misura.
Così amo svuotar casa mia del troppo appunto, non averne affatto anzi; così per le parole (l'eleganza e lo stile sono sempre nel togliere e mai nel sovraccaricare, nell'affastellare) e l'horror vacui in tutto è solo una malattia del cuore (e poi del gusto).
I miei traslochi frequenti anche a questo son serviti. E il principio investe ogni cosa.
Persino nella preghiera le troppe parole a nulla servono se non a menar il can per l'aia e ancor di più a straparlare in fondo senza nulla dire e soprattutto senza ascoltare.
Cosa ci allontana più da noi stessi e dal Dio Infinito che ovunque parla in questo mondo se non il fiume delle nostre chiacchiere e le elucubrazioni?
Cosa di più da Cristo che parole e parole?
Anche nel pregare vale la misura, una sorta di buon gusto per dire: e poi la sobrietà. Chi si libera degli orpelli vien fuori; gli altri ne sono seppellitti e muoiono alla fine di asfissia.